Elezione degli organi sociali 2019-2022

Al termine delle operazioni di voto risultano eletti nella Direzione (in ordine alfabetico): Quinto Antonelli, Fiammetta Baldo, Marcello Bonazza, Francesca Brunet, Emanuele Curzel, Italo Franceschini, Luca Gabrielli, Walter Landi, Cinzia Lorandini, Ugo Pistoia, Matteo Rapanà, Fabrizio Ra- sera, Michele Toss; risultano eletti nel collegio dei revisori dei conti: Andrea Bonoldi, Marina Garbellotti, Katia Pizzini.

Relazione del Tesoriere e dei Revisori dei conti 2019

Relazione del Tesoriere
La tesoriera Cinzia Lorandini sottopone all’approvazione dell’assemblea il bilancio 2018 comprensivo dell’attività istituzionale e commerciale, il conto economico dell’attività commerciale, il rendiconto finanziario dell’attività finanziata dalla Provincia autonoma di Trento e il bilancio pre- visionale 2019.

Relazione dei revisori dei conti
Andrea Bonoldi dà lettura delle relazioni del collegio dei revisori dei conti.

Relazione del Direttore della rivista “Studi Trentini. Arte” 2019

“L’arte, di per sé muta e indifesa, non può proteggersi che con la fama, e la fama è la critica sempre desta”. Sono parole famose, tratte da una lettera aperta diretta da Roberto Longhi a Giuliano Briganti nel dicembre 1944 a lamentare le brutali distruzioni della guerra, che Longhi reputava aggravate proprio dall’atteggiamento degli studiosi, che con il loro lavoro non erano stati in grado di creare sufficiente “fama” per proteggere quanto in- vece era andato perduto sotto le bombe.
Pur nel variare di tempi e contesti, quelle parole continuano a definire il nostro compito di interrogare ciò che di per sé è muto. “Se rinunciassimo a farlo – a dirlo, stavolta, è Tomaso Montanari – quelle opere che tanto amiamo uscirebbero pian piano dalle nostre vite. E alla fine rischierebbero perfino di scomparire materialmente”. Proprio un anno fa, in questa stessa sede, ci interrogavamo sulla scomparsa del cosiddetto ‘patrimonio minore’ non per causa d’incuria o di vandalismo, ma per effetto fisiologico della sua perdita di senso rispetto al sentire contemporaneo. Ritorno oggi sulla questione poiché ci porta dritti al senso di avere in Trentino una rivista di storia delle arti.
La ricchezza del significato di “Studi Trentini. Arte” risiede nel suo essere a servizio di una conoscenza che non è solo finalizzata all’esigenza – peraltro legittima – di comprendere i fenomeni e le loro cause; infatti quella conoscenza è spesso utile per le implicazioni sulla conservazione materiale di un monumentum, di ciò che tramanda memoria. A ciò si aggiunga la complessità di fisionomia che deriva alla rivista dal suo essere a scavalco di una terra che nel passato – invero molto più di oggi – è stata cerniera non solo geografica e linguistica, ma culturale.
Venendo all’attività della rivista per l’annata scorsa, la prima parte l’avete già conosciuta attraverso il numero 2018/1 che ha ospitato, nell’ordine, Annamaria Azzolini e Walter Landi con due importanti saggi dedicati, da punti di vista diversi, a un’importante e inedita decorazione araldica tardo- trecentesca ad Ala; Beata Marcinik con la seconda parte dello studio su un ripostiglio monetale, ancora in territorio alense, e sul fenomeno delle falsificazioni nella Venezia di tardo Cinquecento; Roberto Pancheri con una galleria di ritratti di Giovanni Battista Lampi nelle collezioni trentine, in parte inediti; Paolo Dalla Torre, che ha indagato due momenti della committenza dei Firmian nell’Ottocento; per la sezione dedicata alle fonti d’archivio, Elvio Mich e Italo Giordani, che hanno reso note importanti novità sulla dimora del pittore Giuseppe Alberti a Cavalese; per la sezione Album, Emanuele Curzel e Daniela Dalmeri, che hanno composto una pic- cola raccolta di istantanee di turismo patriottico nel territorio trentino- tirolese negli anni Trenta del Novecento; per la sezione delle recensioni, Ezio Chini e la sua riflessione sul “Rinascimento fra i monti” a partire da una pregevole mostra allestita a Bressanone nel 2017. Non è mancato inoltre il tradizionale repertorio bibliografico trentino per l’anno 2017, curato da Sara Retrosi.
Scoprirete a breve la seconda parte dell’attività annuale nel secondo numero di prossima uscita, di cui con piacere vi anticipo i contenuti. Fabio Campolongo, Serena Bugna e Silvia Invernizzi rendono noti gli esiti dei recenti sondaggi in alcune porzioni dell’antica chiesa di San Marco, che hanno rivelato la sussistenza sotto diversi strati di intonaco di ampie porzioni del parato pittorico medioevale; Marco Mattedi discute un oggetto prezioso e raro delle collezioni del Castello del Buonconsiglio, un rilievo quattrocentesco in madreperla di ambito tedesco raffigurante una Crocifissione; Stefano L’Occaso apporta novità per l’attività di Marc’Antonio Donzelli e Pietro Donzelli nella Riva del Garda di fine Seicento. Molto ricca la sezio- ne documentaria: Marco Stenico insegue Alessandro Vittoria in un viaggio in valle di Fiemme, alla ricerca di una cava di ‘marmori’ di cui l’autore propone, con validi argomenti, la possibile ubicazione; Massimo Negri pubblica una lettera inedita di Marco Mantova Benavides a Cristoforo Madruzzo e ne chiarisce il contesto; Franca Barbacovi indaga i passaggi ereditari del palazzo Lodron di via Calepina nel 1604 nel quadro delle relazioni patrimoniali e di potere fra i Lodron e gli Altemps. Per la sezione delle testimonianze, Ezio Chini dialoga con l’importante storico dell’arte, nonché nostro socio, Anchise Tempestini.
È mio dovere evidenziare anche due ambiti d’attività che ci hanno impegnati nell’anno ma sono tuttora in corso, e richiederanno pertanto una continuità anche nel triennio prossimo. Il primo è la monografia di Pietro Delpero dedicata al pittore seicentesco Francesco Marchetti, giunta al termine della fase di revisione propedeutica alla pubblicazione. Il secondo è il progetto di un numero monografico dedicato a Marcello Fogolino e al con- testo della sua attività fra Vicenza, il Friuli e il principato vescovile di Trento, che curo insieme a Marina Botteri e per partecipare al quale molti soci sono già stati interpellati negli ultimi giorni o lo saranno nel corso dei prossimi.
Mi soffermo quest’anno con maggiore ampiezza sul resoconto dell’attività annuale perché vi si leggono in filigrana alcune linee generali che la rivista ha sviluppato, mi auguro con qualche elemento positivo, nell’intero triennio. Metto al primo posto la volontà di aprirci a un pubblico più am- pio dei soli specialisti. Siamo e restiamo una rivista scientifica, ma non per questo vogliamo rinunciare ad attrarre il pubblico di coloro che non siano strettamente ‘addetti ai lavori’: con le immagini e la linea grafica, alle quali riserviamo la migliore cura che è nelle nostre forze, certo limitate, al fine di produrre volumi piacevoli da sfogliare, con un apparato ricco, capace di per sé di sollecitare confronti e idee, come pure di dare piacere all’occhio; ma anche con i testi, che ci sforziamo di rendere accessibili – pur nella complessità non negoziabile dei temi – anche al non specialista che voglia concederci almeno la pazienza della lettura. Quest’ultimo obiettivo implica un lavorìo alacre fra la redazione e gli autori; autori tutti ai quali va la mia gratitudine per la disponibilità manifestata a seguire il sottoscritto e la redazione sulla strada di un’accessibilità più ampia e piana, anche a prezzo di non lievi revisioni.
In secondo luogo sottolineo l’intento di bilanciare i contributi a firma di studiosi dal profilo e curriculum consolidati e quelli proposti da giovani studiosi, che spesso trovano in “Studi Trentini” la prima opportunità per dare alle stampe i propri lavori. Riservare spazio alle opere prime richiede evidentemente un altro grande sforzo di accompagnamento, ma altresì apporta linfa nuova e quanto mai necessaria al mondo degli studi (non solo strettamente locale).
Evidenzio in terzo luogo il tentativo di promuovere una trasversalità fra settori disciplinari, ad esempio fra le tematiche dell’architettura e quelle della decorazione e dell’opera d’arte mobile; un taglio specialistico proprio per ciascuna è opportuno e necessario, ma sono altresì indispensabili punti di vista se non unici ed esclusivi – cosa che per l’appunto non può essere – quanto meno in reciproco ascolto, per comporre interpretazioni coordinate, soprattutto per gli oggetti complessi che abbiano un carattere unitario.
Non posso esimermi dal ricordare infine il lavoro sulle fonti, che fa parte dell’identità storica della Società di Studi Trentini e che soprattutto per la storia delle arti richiede, e oserei dire impone, un deciso ritorno di interesse e impegno degli studiosi per la ricerca d’archivio.
Ricordo infine, sullo sfondo di tutto quanto detto, il significato e il ruolo della rivista, luogo di studio e condivisione aperto alla collaborazione con e fra gli enti portatori di interesse (Soprintendenza, Musei, istituti e luoghi di cultura, Università), ma al contempo spazio libero, autonomo ed equidistante da queste istituzioni.
Questa fisionomia si deve non tanto e non solo agli intendimenti e alle possibilità del direttore ma al profilo della redazione, anzitutto di quella ristretta e maggiormente operativa, composta da Michele Anderle, Francesca de Gramatica, Salvatore Ferrari, Aldo Galli, Luciana Giacomelli e Giuseppe Sava, che sentitamente ringrazio per l’impegno profuso in modo generoso e per il sostegno sempre fattivo; la mia gratitudine per l’apporto concreto a singoli momenti dell’attività nonché per la cordiale presenza attorno alla rivista va anche alla redazione allargata e dunque ad Andrea Bacchi, Marina Botteri, Luciano Borrelli, Lia Camerlengo, Antonio Carlini, Fabio Campolongo, Ezio Chini, Laura Dal Prà, Giovanna degli Avancini, Andrea Giorgi, Marco Gozzi, Lucia Longo, Michelangelo Lupo, Pietro Marsilli, Franco Marzatico, Elvio Mich, Roberto Pancheri, Domenica Primerano, Sara Retrosi, Luca Siracusano, Helmut Stampfer, Alessandra Tiddia.
Guardando al triennio che si apre oggi, mi auguro che la rivista “Arte” possa essere valorizzata e rafforzata dal prossimo gruppo dirigente almeno quanto l’uscente gruppo ha saputo e potuto fare. Per quanto mi riguarda direttamente, una disponibilità a proseguire il lavoro anche per il triennio a venire è possibile, beninteso se i soci lo riterranno opportuno. L’agenda di lavoro è ricca non solo di progetti avviati e di contenuti scientifici, ma più ancora di temi e questioni d’indirizzo che qui elenco sommariamente: una più solida e articolata organizzazione del lavoro scientifico e redazionale, che sgravi almeno in parte il direttore da un onere a volte superiore alle forze; una più convinta risposta dei soci storici dell’arte alla vita della Società e della rivista; una riflessione strutturale sui costi di produzione delle riviste, e in particolare della rivista “Studi Trentini. Arte” proprio in ragione di quelle specificità grafiche e iconografiche cui accennavo poco fa; un ridisegno del rapporto fra la rivista e la Provincia autonoma di Trento, che interpreti sotto una luce attuale le ragioni della fondazione della testata nel 1976, riconoscendo e valorizzando i punti di forza di una rivista territoriale dedicata alla storia delle arti per le strutture dell’ente pubblico portatrici di interesse; un deciso rafforzamento del rapporto fra la rivista e il mondo dell’Università.
Fin qui molti temi concreti, e in certo modo contingenti. Credo però, cari colleghi storici dell’arte, che la nostra agenda di soci attivi all’interno di Studi Trentini dovrebbe tornare a includere anche questioni di ordine prettamente storiografico. Questioni che non è questa la sede per sviscerare, ma sulle quali mi permetto una digressione finale poiché esse fanno parte costitutiva di una società di studi come questa. Qualche anno fa i colleghi storici ingaggiarono un’articolata discussione sul significato e sulla possibilità di sopravvivenza delle cosiddette ‘grandi narrazioni’, intese come orizzonti di senso, di carattere generale e condiviso, capaci di orientare sia le scelte di ordine politico e sociale, sia i percorsi storiografici. Il dibattito a più voci che ne scaturì, apparso sulle pagine della rivista “Studi Trentini. Storia”, mi colpì non solo per il merito e la vitalità dei contenuti, ma anche per le domande che quello scambio indirettamente poteva stuzzicare pure per l’altro versante, quello della storia dell’arte. È infatti evidente che per quanto riguarda l’ambito trentino gli studi storico-artistici hanno accanto- nato da tempo l’ambizione a perseguire la ricerca di una qualche ‘grande narrazione’; e forse con più di una ragione, a partire dal legittimo e anzi doveroso riconoscimento di quei caratteri specifici, discontinui, talvolta irriducibilmente diversificati dei fenomeni artistici nei differenti microcontesti urbani e di valle lungo i secoli, caratteri che certo non agevolano la ricerca di ampi orizzonti di senso. Tuttavia dobbiamo annotare che, una vol- ta tramontata la fortuna del genere ‘grande narrazione’ artistica – diciamo almeno dopo la Storia dell’arte del Rasmo – gli studi storico-artistici hanno manifestato la tendenza a diminuire progressivamente e quasi smarrire anche l’interesse per i quadri d’insieme: sempre più rari nell’ultimo quindicennio e concentrati in massima parte nel secolo alle nostre spalle, sia pure con alcune lodevoli eccezioni che arrivano fino all’oggi, peraltro in più casi uscite dalla testa e dalla penna di voi qui presenti. La tendenza a restringere sempre più il campo visivo degli studi, e a produrre una messe di con- tributi di per sé pregevole, ma talvolta eccessivamente parcellizzata, si manifesta in Trentino in termini che trovo più marcati rispetto ad altri conte- sti (pensiamo solo al vicino Alto Adige o al Tirolo). Cosicché a una visione nitida dei singoli episodi corrisponde sempre più raramente una possibilità di lettura e interpretazione comparata dei fenomeni storico-artistici, che sappia andare oltre coordinate di tempo e di spazio di volta in volta limitate.
Sulle cause di questa tendenza a ripiegarsi entro i confini – territoriali e mentali – potremmo discutere a lungo. Una almeno la escluderei, ed è la carenza di ‘materia prima’: persone, idee e talenti per la storia delle arti non mancano, soprattutto in questa Società. Ma anche oggi, come negli anni scorsi, non posso negare che piacerebbe vederne, sentirne e leggerne di più.
È pur vero che paradigmi storiografici da una parte e grandi quadri d’insieme dall’altra sono come i padri, fatti cioè per essere alternativamente amati e rifiutati, imitati e denigrati. Ma se anche pensiamo che i paradigmi in quanto tali ci vadano troppo stretti, non dovremmo rinunciare almeno agli obiettivi del confronto e della sintesi, e soprattutto alla capacità di una visione ampia dei fenomeni; ciò che orienta ai grandi quadri d’insieme, per l’appunto. Ora, cari colleghi storici dell’arte, se c’è un luogo dove potremmo tutti lavorare per riacquistare sguardi ‘lunghi’, reimparare a disegnare linee storiografiche – anziché punti – e recuperare l’istinto a diventare anche noi ‘padri’ da seguire o contestare, secondo il naturale e sano ciclo del tempo che scandisce la nostra vita come i nostri studi, quel luogo è Studi Trentini. Potrebbe non essere (soltanto) un’utopia.

Luca Gabrielli

Relazione del Direttore della rivista “Studi Trentini. Storia” 2019

Le assemblee in cui si vota per il rinnovo della Direzione della Società sono la premessa, almeno potenziale, a un cambio nella direzione della rivista; in questa occasione dunque il direttore uscente dovrebbe esporre un bilancio della sua gestione. Tale bilancio dovrebbe cominciare con un’analisi delle circa 5.680 pagine prodotte negli ultimi nove anni, ossia dal mo- mento in cui un voto libero e consapevole scaturito da questa assemblea ha dato vita a un rinnovo generazionale del quale nessuno penso possa essersi pentito, e senza il quale si potrebbe legittimamente dubitare che la Società di Studi Trentini di Scienze Storiche e la sua rivista avrebbero potuto sopravvivere.
Nell’accingermi a preparare un resoconto di questo genere mi sono però reso conto che l’azione stessa è scientificamente dubbia e moralmente censurabile; è compito che solo un occhio esterno e non direttamente coinvolto potrebbe svolgere in modo corretto ed equilibrato. Dell’insieme delle 5.680 pagine parlerà dunque qualcun altro.
È mio compito invece in questa sede ricordare come anche nel 2018 la rivista “Studi Trentini. Storia” sia uscita regolarmente nei mesi di aprile e di ottobre, con uno scostamento in entrambi i casi di 9 giorni rispetto al previsto (il n. 1/2019 è uscito con un ritardo di 16). Le dimensioni sono state ragguardevoli, rispettivamente 320 e 336 pagine (più vicino allo standard il n. 1/2019: 282). Sono stati pubblicati 22 contributi: 3 hanno riguardato il medioevo, 7 l’età moderna e 12 l’età contemporanea. Le due sezioni monografiche (che stanno diventando un’abitudine: anche il n. 1/2019 ne ha una) hanno presentato gli atti di due convegni dedicati rispettivamente all’epistolario di Giovanni a Prato (con introduzione di Marcello Bonazza e Fabrizio Rasera) e al rapporto tra storia e archivistica (con introduzione di Katia Occhi). Gli altri articoli hanno parlato di autostrade, Nepomuceno Bolognini, Eusebio Chini, Lega nazionale, medici trentini nel Cinquecento, archivio del comune di Mezzana, Giacomo Mosca, Luigi Negrelli, un parto mostruoso, toscani a Trento, Silvestro Valenti. Vanno inoltre citati i due editoriali, entrambi redatti dal presidente: uno sul rapporto tra storia e memoria e l’altro a commentare il seminario dedicato al Trentino come terra di arrivi (accompagnati nel primo caso dal testo di Marcello Farina e nel secondo da uno di Vincenzo Calì, entrambi “sessantottini”). Vi sono stati poi 18 recensioni, tre necrologi, il verbale dell’assemblea e 157 segnalazioni (numero questo piuttosto esiguo, se confrontato con il recente passato: qualcosa ci è certamente sfuggito, ma è palese un generale calo quantitativo della produzione storiografica locale).
Ringrazio sia la redazione ristretta che l’insieme dei collaboratori scientifici (riuniti in plenaria il 27 giugno e il 19 dicembre e tenuti mensilmente informati tramite la newsletter): quest’anno è stato particolarmente impegnati- va la discussione circa alcuni dei contributi che sono stati proposti (la perfezione non è di questo mondo, l’impegno è sincero e disinteressato). Rileggendo quanto avevo scritto tre anni fa, devo dire che quanto auspicavo a proposito della gestione delle recensioni si è pienamente realizzato, per cui ringrazio particolarmente Italo Franceschini e Marco Bettotti; anche per quanto riguarda la schedatura della produzione bibliografica ho trovato un aiuto importante, per cui ringrazio il personale della Biblioteca comunale di Trento (a cominciare da Mauro Hausbergher e Giovanni Delama).
Passo ora alle note dolenti. Ammetto la riduzione delle riunioni meridiane della redazione operativa, che declinano insieme al tempo che abbiamo a disposizione. Dopo svariati tentativi andati a vuoto si è tenuta una sola presentazione pubblica dei due fascicoli (presso la Biblioteca comuna- le di Trento lunedì 29 ottobre, con interventi di Francesca Brunet, Michele Toss, Matteo Fadini e Elisabetta Antonelli), e si è scatenato l’uragano (sta andando però molto meglio con il n. 1/2019, per il quale si parla già di ben tre presentazioni). Lento e insufficiente è stato il progresso del Dizionario Biografico degli Storici Trentini: spero che le ricorrenze centenarie possano spronare un gran numero di soci a impegnarsi in questa direzione. E crescono i dubbi circa il fatto che una rivista storica “tradizionale” sia ade- guata ai tempi che viviamo. In particolare si pone il problema di far conoscere quel che facciamo con modalità divulgative più dirette, anche utilizzando meglio la strumentazione informatica; ma ciò richiede energie e competenze nuove rispetto a ciò di cui disponiamo ora.
Affido queste riflessioni a chi vorrà condurre la rivista nel prossimo triennio, per quanto l’attuale direttore, imbullonato alla sedia che gli dà tanto potere, non abbia alcuna intenzione di lasciarla – e vedremo se, mettendola in questi termini, qualcuno si farà avanti… Battute a parte, sono disposto a ricandidare per la Direzione della Società e, se verrò eletto, in quel contesto collegialmente verrà valutato cosa sarà meglio fare.
Di fronte ai dubbi che possono coglierci nel momento in cui mettiamo in rapporto entità del nostro impegno e risultati visibili, qualche consolazione viene dallo studio della storia dei “padri fondatori”. Anch’essi, un secolo fa, dovevano confrontarsi con difficoltà economiche, incomprensioni politiche, sensazioni di inutilità sociale: come a dire che qualunque nostalgia di una qualche “età dell’oro” è non solo inutile sul piano dei fatti, ma anche sbagliata sul piano storico. E anche quest’ultimo aspetto dovrebbe interessarci.

Emanuele Curzel

Relazione del Presidente 2019

Care socie e cari soci di Studi Trentini,

ringrazio tutti i presenti a questa Assemblea sociale 2019, che sarà anche Assemblea elettorale per il triennio 2019-2022; ringrazio chi ci ha fatto pervenire gli auguri di buon lavoro e coloro che hanno inviato la propria delega per partecipare alla votazione, e tutti coloro che nell’anno appena trascorso hanno prestato la loro collaborazione alla vita associativa e all’attività scientifica di Studi Trentini. Saluto i nuovi soci, che tra poco presenteremo e accoglieremo tra noi.

Prima di cominciare mi corre l’obbligo di ricordare i soci che ci hanno lasciato dopo il nostro ultimo incontro del maggio scorso:
– Gian Piero Sciocchetti, scomparso il 7 gennaio 2019 all’età di 84 anni, generale di brigata del Genio Alpini, studioso della storia delle fortificazio- ni, dei trasporti in montagna, dell’architettura militare otto- e novecentesca, del quale ricordiamo in particolare la donazione dell’archivio personale alla Biblioteca dell’Università di Trento, valorizzata dal progetto Codico e dalla mostra “Architetture della speranza e della paura”, entrambi parte- cipati dalla nostra Società;
– Monsignor Silvio Gilli, morto il 26 marzo 2019 a 98 anni, professore al Seminario e incaricato presso la Segreteria di Stato vaticana, canonico ono- rario della Cattedrale di Trento, studioso della storia della Chiesa Tridentina.
In ricordo di questi soci e valenti studiosi, chiedo all’Assemblea qualche istante di raccoglimento.

Attività istituzionale. Cercherò di essere più breve del solito, anche se le cose da riferire sono numerose, per lasciare più spazio alla discussione e alle operazioni elettorali. Comincerò la mia relazione con tre informazioni di carattere istituzionale, una delle quali impegnativa per tutti noi.
La prima è che – come dirà meglio la tesoriera Cinzia Lorandini tra poco – siamo riusciti a chiudere in attivo il bilancio 2018, come già quelli del 2015 e del 2012. Il che significa che rientriamo pienamente nei parametri che regolano le convenzioni tra Provincia autonoma di Trento e associa- zioni culturali in base alla legge 15/2007. Si tratta di un risultato non scontato e prezioso, stanti le crescenti limitazioni ai nostri cespiti di entrata (contributi pubblici, vendita dei nostri prodotti editoriali, interessi su patrimonio). Si tratta di un tema centrale per il futuro della Società e per la Direzione che oggi sarà eletta: io mi limito ad accennarlo, perché ne parleranno tra poco i miei colleghi, ma fin d’ora sollecito un dibattito e un con- corso di idee sul tema.
Un contributo fondamentale all’attivo di bilancio è stato fornito dal nostro magazzino, che ha rimanenze importanti. Ma il calcolo effettuato quest’anno non potrà essere replicato in futuro. Dunque il magazzino, oltre che una risorsa, costituisce una questione da affrontare: sia perché troppe nostre monografie restano lì, sia perché sarebbe opportuno trovare una soluzione di lungo periodo alla sua conservazione. Lasciamo anche questo tema all’esame della prossima Direzione.
Infine, incombe su tutte le organizzazioni non profit e volontaristiche come la nostra la scadenza del 2 agosto per il rinnovo degli Statuti in ottemperanza alla legge 106/2016 per la riforma del Terzo settore. Suona bizzarro che tale legge sia entrata in vigore il 6 giugno 2016, vale a dire poche settimane dopo che la Società di Studi Trentini aveva rinnovato il proprio Statuto dopo un lungo iter e a seguito di un partecipato dibattito. Ma tant’è: la legge impone degli adeguamenti ai quali – anche sulla base di una perizia dei nostri consulenti – dovremo adeguarci. Attendetevi perciò la convocazione di un’Assemblea straordinaria dei soci, verso l’inizio dell’estate, per l’approvazione del nuovo Statuto conformato alle esigenze di legge (La convocazione di tale Assemblea non è stata necessaria, in quanto la scadenza per l’aggiornamento degli statuti è stata prorogata al 30 giugno 2020).

Attività scientifiche e collaborazioni. L’anno appena trascorso dall’ultima assemblea ha visto innanzitutto la celebrazione del Convegno Arrivi. Persone, gruppi, popolazioni verso il territorio trentino dalla preistoria al XX secolo, organizzato in collaborazione con la Presidenza del Consiglio della Provincia autonoma di Trento. In quattro relazioni di sistema e trenta brevi comunicazioni abbiamo cercato di delineare un quadro non completo, certo, ma statisticamente significativo, dei fenomeni immigratori verso il territorio trentino, delle loro caratteristiche comuni e delle loro peculiarità. Il convegno, tenutosi in queste stesse sale dal 18 al 20 giugno, è andato molto bene: nonostante i primi calori estivi, abbiamo sempre registrato la presenza di una sessantina di ascoltatori e un certo interesse da parte della stampa. Stiamo lavorando alla raccolta degli Atti, che speriamo di poter completare e pubblicare entro l’anno.
Il 7 gennaio, di fronte a un folto pubblico, si è tenuta l’inaugurazione dell’anno sociale con la conferenza-spettacolo del nostro socio Carlo Romeo intitolata Bruciate quel libro! Sventure di una satira tirolese del 1909 e incentrata sulle vicende del libello satirico Tirol ohne Maske, protagonista di una vivace polemica 110 anni fa. Con l’aiuto dell’attore Nicola Benussi, il relatore ha presentato alcuni dei passi più significativi del volume e ha ragionato sulla costruzione dell’immagine e degli stereotipi relativi al Tiro- lo storico. Nella stessa occasione è stato proclamato il Premio “Luigi Onestinghel” per l’anno 2018, assegnato a Nicolò Caramel per un pregevole lavoro sui commercianti tesini in età moderna.
L’11 marzo, sempre qui, si è tenuta l’affollatissima presentazione della monografia Mantenere memoria. Documentazione di donne trentine in politica e nell’associazionismo, curata da Roberta Arcaini, Anna Vittoria Ottaviani e Gianluca Pederzini, con la partecipazione di Armando Vadagnini e Sandra Dorigotti. Si è trattato della degna conclusione di un progetto cofi- nanziato dall’Ufficio pari opportunità della Provincia autonoma di Trento, di cui ho parlato anche nella mia relazione dello scorso anno, che ci ha dato la possibilità di corrispondere una borsa di studio a due giovani studiosi per l’approfondimento della tematica sul piano storico-archivistico e sociologico-statistico. Il volume è praticamente esaurito e stiamo pensando a una ristampa.
L’impegno maggiore da parte della Direzione e delle Redazioni è stato dedicato, negli ultimi mesi, alla costruzione di un programma ragionevole ma ambizioso per la celebrazione del centesimo anniversario della fonda- zione della Società, avvenuta nell’agosto 1919. Il centenario è una ricorren-za importante, sia per la Società in sé, che rappresenta ormai una delle più antiche e persistenti sedi associative della città e della regione, sia per la storia della storiografia del territorio, che – se non tutta imputabile a Studi Trentini – alla nostra Società deve continuità di azione e di presenza e numerosissime pubblicazioni. Possiamo dire senza tema di smentita che il “senso comune storiografico” dei trentini, per usare una bella espressione di Edoardo Grendi, dipende in buona parte dall’attività di Studi Trentini.
A questi elementi di identità, e non all’idea di una celebrazione fine a sé stessa, si è cercato di legare il programma delle iniziative che un po’ alla volta sta prendendo forma. Prima la Direzione uscente, che ringrazio, quindi un comitato di volontari costituito, oltre che dal sottoscritto, da Francesca Brunet, Enrico Cavada, Emanuele Curzel, Italo Franceschini, Mirko Saltori, Luca Siracusano e Michele Toss, hanno delineato un percor-so in più tappe che dovrebbe prevedere – tra la fine di quest’anno e l’inizio del 2020, le seguenti iniziative.
In primo luogo la pubblicazione dei diari di guerra di due “padri fondatori” quali Gino Onestinghel e Francesco Menestrina, entrambi propugnatori della nuova società degli storici trentini al termine del conflitto e interpretabili – con qualche beneficio di inventario – come precursori delle “due anime” tradizionali della Società: quella più nazionalista e militante e quella più filologica e teoretica. Intorno alla pubblicazione dei due volumi – ai quali stanno lavorando rispettivamente Emanuele Curzel e Francesco Frizzera e Mirko Saltori e Nicola Fontana – si organizzeranno un seminario di studi e una tavola rotonda sulle origini e il presente delle Società di storia del territorio delle regioni circonvicine.
Una seconda iniziativa vorrebbe invece ripercorrere le vicende della Società, collocandola da una parte nel suo milieu storico e sociale ed evidenziando dall’altra i momenti salienti della sua attività scientifica. Si era pensato in un primo momento a una mostra che esibisse e contestualizzasse i contributi più significativi per la storia del territorio proposti in cent’anni dalla Società di Studi Trentini. Di fronte alle difficoltà non solo organizzative, ma anche concettuali di una mostra siffatta, si è scelto di cambiare strategia e di affidarsi a un documentario. Grazie alla collaborazione della Fondazione Museo Storico del Trentino e del canale TV HistoryLab, e con la collaborazione di Michele Toss, stiamo lavorando alla realizzazione di un programma televisivo in cinque o sei puntate che racconti in maniera efficace i momenti più significativi nel passato (remoto e vicino) della Società. I lavori entreranno nel vivo nelle prossime settimane e ci sarà bisogno di collaborazione. Restate connessi!
Il documentario sarà infine al centro di un momento di festeggiamento più formale, nelle intenzioni aperto alla cittadinanza, nel quale – possibilmente con l’ausilio di un nome importante della cultura italiana – tentare un ragionamento di ampio respiro o sul senso della produzione scientifica e storiografica della nostra Società, o sul senso del “lavoro culturale” messo in atto da generazioni di storici, storici dell’arte, archivisti e bibliotecari, sacerdoti e professori nella Trento e nel Trentino del Novecento. Questo momento non è ancora ben definito e sarà compito della nuova Direzione darvi corpo e prospettiva.
Stiamo infine lavorando a un altro centenario importante, quello delle Conferenze di pace di Parigi, che nel 1919 definirono l’assetto dell’Europa postbellica e della nostra regione. Su proposta e in collaborazione con il socio Davide Zaffi si vorrebbe organizzare per il prossimo autunno un pic- colo ma ambizioso convegno dedicato al tema della nazione e della conferenza di pace come spazio organizzato di confronto.

Attività editoriali. Delle riviste vi riferiranno tra poco i direttori.
Negli ultimi mesi siamo usciti con due nuove monografie: la n° 10, Mantenere memoria. Documentazione di donne trentine in politica e nell’associazionismo, di cui vi ho già parlato; e la n° 11, 577. I Longobardi nel Campo Rotaliano, a cura di Giuseppe Albertoni, in collaborazione con l’Associazione Castelli del trentino, ente organizzatore del Convegno del 2017 di cui il volume sono gli atti: questa pubblicazione è stata presentata lo scorso 21 marzo presso il Dipartimento di Lettere.
Abbiamo in avanzata fase di lavorazione gli atti del Convegno del 2016 Il paese sospeso. La costruzione della Provincia tirolese, che conterranno oltre venti contributi di studiosi italiani e austriaci. I curatori saranno Francesca Brunet, Florian Huber e il sottoscritto e prevediamo di poter presen- tare il volume al più tardi all’inizio del prossimo autunno.
Degli atti del convegno dedicato agli Arrivi vi ho riferito poco fa: diversi contributi sono già arrivati, nei prossimi giorni partirà una nuova richiesta con un secondo termine di consegna al quale sperabilmente gli autori vorranno attenersi. Lo dico anche a scopo pratico, giacché un notevolissimo numero di relatori al convegno è anche socio di Studi Trentini e conto che diversi tra loro siano presenti anche quest’oggi.
Per la fine dell’anno contiamo di avere le due monografie dedicate a Onestinghel e a Menestrina e ai loro diari di guerra. È in lavorazione anche il volume contenente gli atti del pomeriggio di studio su Cesare Battisti e il lavoro culturale.
E, last but not least, procede anche il progetto dedicato a Giovanni a Prato, realizzato in collaborazione con l’Accademia degli Agiati, curato dai nostri soci Francesca Brunet e Michele Toss, con la collaborazione di Samuele Rampanelli per la trascrizione delle lettere dell’abate e che fornirà, a conclusione dei lavori, un’ampia antologia degli scritti epistolari del padre del “Trentino”.
Un consistente programma editoriale, come potete constatare, che da un lato ci rende orgogliosi per la ricchezza di idee, di collaborazioni e di sinergie messe in campo: i volumi sono in parte il risultato di iniziative convegnistiche della Società, in parte l’esito di progetti di ricerca di riconosciuto interesse. D’altra parte rimane l’ormai inveterato problema della diffusione di questi volumi, che sembrano non attecchire sul pur modesto mercato editoriale al quale sono destinati: i soci in primis non li acquistano, qualche copia transita attraverso le librerie e il web, ormai anche le biblioteche pubbliche tendono a chiederli in omaggio. Non si pensi a queste considerazioni come a un atto di accusa verso chicchessia: permane in tutti noi l’idea che un buon volume stampato e pubblicato rappresenti un investimento culturale valido in sé e da valutare sul lungo periodo della scienza e della conoscenza. Ma sarebbe interessante poter ragionare, magari già oggi, dei motivi che impediscono una reale diffusione delle monografie storiche (non solo le nostre beninteso) e di eventuali pratiche alternative, dalla gratuità alla pubblicazione on line.

Conclusioni. Con queste riflessioni vengo alle considerazioni conclusive. Con oggi ha termine il mandato della Direzione eletta nel 2016. Il bilancio del triennio mi sembra si possa considerare positivo. La Società ha mantenuto la sua vitalità, ha pubblicato riviste e monografie, ha dato spazio a numerosi autori tra i quali molti giovani, ha organizzato iniziative significative come il Convegno dedicato agli Arrivi e gli incontri di inizio anno, ha saputo intervenire in alcune occasioni di dibattito pubblico su tematiche storiche e storico-artistiche, ha provato a stimolare la riflessione su nodi importanti della nostra cittadinanza. Dietro le quinte di tutto questo siamo riusciti a mantenere una struttura operativa efficace, assumendo una nuova segretaria, Giulia Porta, che anche oggi è qui ad aiutarci, salvaguardando i bilanci e l’affidabilità della Società di fronte agli interlocutori istituzionali, rinnovando il sito. La presenza di numerosi soci, qui, oggi, la vicinanza di quanti hanno inviato la propria delega, la partecipazione a molte delle nostre iniziative mostrano che la Società di Studi Trentini mantiene una sua capacità di attrazione, anche come spazio libero di confronto e di condivisione.
Ciò non significa che la nuova Direzione non debba interrogarsi su al- cune criticità che alla lunga potrebbero indebolire l’operatività e la stessa ragion d’essere di Studi Trentini. Alle questioni del magazzino e delle monografie ho già fatto cenno.
Le sfide principali, a mio parere, saranno però altre due. La prima sarà quella di trovare nuovi e affidabili cespiti di entrata. È rischioso affidarsi alla garanzia rappresentata dal piccolo patrimonio accumulato negli anni delle “vacche grasse” – mi si conceda l’espressione – e sarebbe un peccato dover rallentare significativamente l’attività, che rappresenta il motore e la ragion d’essere della nostra esistenza. Accordi di sistema con finanziatori disposti a investire sulla storia, o una più minuta attività di fund raisingsono prospettive forse non urgentissime ma necessarie.
La seconda sfida non potrà non riguardare le modalità di comunicazione dei contenuti della nostra ricerca e attività editoriale. Siamo tutti con- vinti sostenitori del valore della carta stampata e accreditata dal prestigio della nostra istituzione, e ci mancherebbe. Ma è un po’ frustrante sapere che il frutto di lavori di qualità non abbia quasi mai altro esito che la nostra rivista, diffusa e letta, certamente, ma a livello di professionisti del settore e di una nicchia di pubblico sensibilizzato. Credo che sia nostro dovere cercare e trovare altre forme che, pur basandosi sul rigore del saggio scientifico, sappiano veicolarne i risultati in modo diverso e innovativo e così intercettare altre fasce di pubblico. Penso alla stampa quotidiana e periodica, naturalmente, che si potrebbe provare a sensibilizzare di più. Ma penso soprattutto all’immenso oceano del multimediale e del digitale. L’esperienza con HistoryLab per la realizzazione del documentario su Studi Trentini potrebbe essere un punto di partenza importante. E non c’è dubbio che a breve il nostro sito (insieme alla nostra pagina Facebook ed eventualmente anche ad altri social network) dovrà assumere un carattere più dinamico e farsi tramite di contenuti e appuntamenti gestiti sulla base di un vero piano editoriale.
Se la prossima Direzione riuscirà almeno a costruire le basi per dare risposta a queste due esigenze improcrastinabili avrà compiuto pienamente, a mio parere, il proprio dovere.
Lasciatemi dire che le basi per una nuova Direzione operativa ci sono. Diciannove candidature alla Direzione sono un numero importante, che dimostra la vitalità del corpo sociale e l’interesse di molti per le sorti dell’Associazione. Non spetta certamente a me fornire valutazioni né tanto meno indicazioni. Mi sembra però che l’offerta di candidature possa consentire all’Assemblea una scelta equilibrata tra soci più esperti e soci più giovani, tra maschi e femmine, tra storici, storici dell’arte e operatori dei beni culturali.
Affido ai votanti la scelta. Lasciatemi solo dire due parole per ringrazia- re i consiglieri uscenti che hanno deciso di ricandidarsi, assicurando in questo modo la possibilità di una continuità operativa preziosa: la tesoriera uscente, Cinzia Lorandini; i direttori delle riviste, Emanuele Curzel e Luca Gabrielli; e poi Quinto Antonelli e Ugo Pistoia che con noi hanno condivi- so il percorso degli ultimi anni. Come loro, anche i tre revisori dei conti uscenti hanno confermato la loro disponibilità a prendere visione dei nostri bilanci e a partecipare alle discussioni: sono Andrea Bonoldi, Marina Garbellotti e Katia Pizzini, la loro presenza nel futuro organigramma sarà una garanzia di equilibrio.
Non voglio sorvolare, naturalmente, sul fatto che tra i ricandidati ci so- no anch’io: dopo essermi ampiamente confrontato con i consiglieri e diversi soci mi è sembrato giusto non negare a priori la mia disponibilità a far parte della prossima Direzione. Sono ben consapevole che tre mandati co- me presidente sono parecchi e che il nuovo Statuto prevede un limite alla ricandidabilità. Lascio comunque all’Assemblea, prima, e poi eventualmente alla Direzione una serena valutazione sul se e sul cosa io possa ancora fare per la nostra Società.
Un ringraziamento parimenti sentito vorrei rivolgerlo ai 13 soci che hanno dato la loro disponibilità a fare parte della prossima direzione. Auguro a tutti di ricevere i voti di chi intenderà valorizzarne le competenze e le esperienze e auspico da parte loro un impegno assiduo per la Società qualunque sia l’esito delle votazioni odierne.
Un pensiero speciale, infine, per i consiglieri uscenti che, ciascuno per motivi diversi e personali, hanno ritenuto di non ricandidare, lasciando una traccia forte e significativa del loro impegno. Il vicepresidente Mirko Saltori; la segretaria Stefania Franzoi; i consiglieri Franco Cagol, già tesoriere; Antonio Carlini, già direttore di “Studi Trentini. Arte”; Silvano Groff, già referente del sito internet; Lia Camerlengo e Armando Tomasi, che hanno condiviso tutte le nostre attività degli ultimi nove anni. Grazie, cari amici. Con voi se ne va un pezzo di storia della società, ma nuove forme di collaborazione si apriranno a partire da questa sera.
Grazie a tutti, da me personalmente, per l’indispensabile sostegno alle mie responsabilità di presidente.
Con il che credo di aver detto abbastanza. Vi ringrazio per l’attenzione e lascio spazio alla prosecuzione dei lavori.

                                                                                                    Marcello Bonazza

Relazione del Direttore della rivista “Studi Trentini. Arte” 2018

Il 2017 è stato per la rivista “Arte” un anno che non esito a definire fuori dall’ordinario per la mole delle due uscite della rivista, che complessivamente sfiora le 600 pagine. Naturalmente questa è la conseguenza di una precisa scelta editoriale, che ha previsto la pubblicazione all’interno di un numero ordinario della rivista – il numero 1, che di fatto ha assunto carattere monografico – dei contributi scaturiti dal convegno su Aldo Gorfer tenuto nel novembre 2016; una scelta che da un lato sottolinea quell’esperienza di condivisione pubblica come momento fondativo di interesse comune per tutti coloro che ‘frequentano’ la rivista e Studi Trentini (e non solo per chi ha partecipato al convegno) e dall’altro ha tenuto in conto anche una doverosa esigenza di razionalizzazione delle spese editoriali. Il numero 2, peraltro fresco di stampa, ha invece mantenuto il tradizionale carattere miscellaneo.
In un totale di 21 saggi, i nostri volumi hanno parlato di una grande varietà di temi che enucleo brevemente: il rapporto fra narrazione del territorio in area alpina da una parte, storiografia e giornalismo dall’altra; il racconto della vita contadina nel Trentino e nel Tirolo del sud; la protezione della natura in Trentino nel secondo Novecento; le esperienze pionieristiche di Gorfer autore delle Valli del Trentino e dei Castelli del Trentino; l’eredità storiografica di Gorfer per lo studio dei castelli e per l’archeologia; il suo impegno in prima persona per la tutela del patrimonio culturale; il suo ininterrotto rapporto con l’arte e gli artisti. E poi le committenze dei Cles in san Romedio fra Quattro e Cinquecento; i modelli figurativi nella produzione di altari di Jörg Arzt nel primo Cinquecento; gli affreschi della pieve di Cavalese; storie di orefici e di oreficerie a Trento fra Cinque e Ottocento; una nuova acquisizione per il pittore Giovanni Francesco Furlanello; storie di committenza e collezionismo dei Salvadori; una raccolta numismatica di età moderna ad Ala; due novità sulle passioni collezionistiche di Carlo Firmian; un’opera sconosciuta di Livio Benetti a Trento. E ancora due editoriali – segnalo in particolare per la sua marcata attualità l’ultimo, sul tormentato percorso di riforma dei musei; due testimonianze – anche in questo caso ricordo la più recente, sui temi della salvaguardia del patrimonio culturale e della prevenzione dei rischi da catastrofi naturali; infine il consueto repertorio bibliografico annuale e dieci recensioni.
Quattro le occasioni di uscita pubblica delle riviste: dopo un primo appuntamento a Mezzolombardo il 6 aprile 2017, ricordo una seconda presentazione al Castello del Buonconsiglio il 15 giugno e soprattutto la partecipatissima presentazione del numero gorferiano a palazzo Geremia a Trento, il 14 dicembre; e, da ultimo, la presentazione del numero 2-2017, svoltasi due giorni fa a Sanzeno.
Per quanto riguarda l’attività interna, quattro sono state le riunioni della redazione ristretta mentre un ulteriore incontro plenario è stato aperto anche a tutti i collaboratori. Riguardo a questi ultimi, un anno fa abbiamo iniziato a sperimentare un loro maggiore coinvolgimento operativo nelle attività di costruzione della rivista; poiché il tentativo ha funzionato solo in parte, occorrerà pensare ancora a nuove modalità organizzative, come dirò più avanti. Mi preme inoltre comunicare che lungo il 2017 è stata riconfermata la disponibilità del Servizio attività culturali della Provincia a curare un corposo pacchetto di spedizioni a circa 180 contatti – in massima parte biblioteche italiane ed europee – e sono stati completati la revisione e l’aggiornamento del relativo indirizzario, per assicurare un’ottimale diffusione della rivista (per lo meno rispetto alle risorse oggi a disposizione).
Nel complesso questi dati rappresentano una pubblicazione che, nonostante una generale – e direi anzi poco confortante – perdita di attenzione nel grande pubblico rispetto ai temi del patrimonio culturale, riesce ancora a riscuotere un interesse significativo, o addirittura caloroso quando intercetta temi e personaggi tuttora molto sentiti, come nel caso di Aldo Gorfer. Ma al di là di questo aspetto epidermico, evidentemente positivo, del quale il direttore non può che essere felice, permettetemi di mettere in luce alcuni aspetti meno visibili del nostro lavoro. Anzitutto la presenza di giovani autori, che sulla rivista affrontano a volte la loro prima fatica editoriale: è un segnale incoraggiante, che vogliamo assolutamente coltivare, anche se ciò comporta costi elevati in termini di tempo e di fatica. Noi non siamo, né dobbiamo atteggiarci ad essere il “Burlington Magazine”, che può selezionare saggi già di per sé eccellenti: sappiamo anzi che alcuni lavori vanno accompagnati e maturano – anche in modo eccellente – proprio nella misura in cui da parte nostra si dedica loro attenzione e cura in ogni fase. In secondo luogo va evidenziata la positiva varietà dei temi proposti alla rivista: non ci sono, insomma, delle ‘monoculture’, e non mancano le disponibilità a trattare argomenti di stretta attualità, anche se permane certamente una minore presenza del contemporaneo, per ragioni che già un anno fa ho cercato di definire all’interno di un editoriale.
Curare una rivista di storia delle arti, questa rivista, costa impegno. Non solo per il lavoro nel merito dei singoli contributi, ma anche per lo sforzo complessivo che ciascun numero richiede in cura redazionale, selezione iconografica, progettazione editoriale, laddove si voglia mantenere un accettabile livello di qualità, sia scientifica che editoriale. Allora va detto chiaro: questa rivista non è un giardino in cui cogliere allori personali, né un circolo per connoisseurs vanitosi, né tantomeno una riga ‘facile’ da aggiungere al curriculum. Al contrario, e in primo luogo, è uno spazio dove persone di buona volontà lavorano duramente, mettendosi alla prova non soltanto con la sfera scientifica – che a buon diritto attrae tutti noi – ma anche con molto lavoro fatto di correzioni testuali incrociate, di meditate annotazioni, di frustranti controlli di note, bibliografie e didascalie, di bozze riviste fino all’esasperazione, di tante email notturne o mattutine. Devo ringraziare anche quest’anno la redazione esecutiva che sostiene questo carico insieme al sottoscritto (Michele Anderle, Francesca de Gramatica, Salvatore Ferrari, Aldo Galli, Luciana Giacomelli, Giuseppe Sava) e i collaboratori scientifici che di volta in volta hanno risposto agli appelli. Ma anche così, l’impegno rimane schiacciante: per il futuro è auspicabile un maggior apporto da parte dei collaboratori in gruppi di lavoro direttamente operativi – e questo è un tema di cui mi farò interprete nei prossimi mesi – e c’è da sperare anche nell’aiuto da parte di altri soci volonterosi che vogliano farsi avanti.
In generale, serve una maggiore e più coesa partecipazione di storici dell’arte e dell’architettura, architetti, archeologi alla vita della Società: infatti pur non essendo moltissimi – i numeri ci vedono nettamente meno numerosi dei colleghi storici – anche noi, per la nostra parte, abbiamo sulle spalle la responsabilità di far vivere Studi Trentini e uno dei suoi due volti editoriali, ossia la rivista “Arte”. Il tempo che dedicheremo sarà sempre bene investito: non soltanto perché “Studi Trentini. Arte” è uno spazio di lavoro libero e autonomo, aperto a tutti e non solo a questo o a quel soggetto, ma soprattutto perché questa rivista è per il nostro territorio (e non solo) uno strumento indispensabile per la conoscenza, e quindi per la sopravvivenza futura dei beni. Dobbiamo infatti tenere ben presente che si tutela e si conserva solo ciò che si conosce.
Ne offre dimostrazione il caso recente di un piccolo belvedere neogotico, costruito nel primo Ottocento ad Ala, e reso noto per la prima volta giusto un anno fa sulle pagine della rivista; un’architettura sicuramente minore nell’edificato storico del luogo, per di più pesantemente manomessa nei decenni scorsi, ma comunque meritevole di attenzioni come uno dei tanti piccoli oggetti che hanno un valore relativo se singolarmente considerati, ma che nell’insieme formano il tessuto fragile e irripetibile dei nostri paesaggi urbani o rurali: quel tessuto che una volta perso non si recupera più. La pubblicazione da parte di Studi Trentini ha se non altro salvato una scheggia di memoria di un luogo e di un edificio che gli sforzi ingentemente profusi da associazioni e istituzioni, Soprintendenza in primis, non sono stati sufficienti a salvare, nell’ambito di un vasto programma di revisione del comparto urbano in cui sorgeva la torretta.
In questo caso, dunque, la pubblicazione in extremis non è bastata, ma per quanti altri oggetti sconosciuti del nostro Trentino anche una semplice segnalazione sulle pagine della rivista varrebbe ad aumentarne le possibilità di sopravvivenza? Quanti lavori ciascuno di noi ha nel cassetto, e quanto risulterebbero utili quei lavori per aumentare la consapevolezza diffusa del nostro patrimonio culturale? Il nostro compito non è solo quello di studiare e difendere le grandi opere d’arte, quelle a cui riserviamo l’appellativo di capolavori (quei capolavori che, proprio perché tali, spesso si difendono da soli); ma è prima di tutto di amare, conoscere e salvare il tessuto che fa loro da sfondo, senza il quale noi stessi non saremmo più noi.

Luca Gabrielli