Antonio Mazzetti

Antonio Mazzetti

(Trento, 1784 – Milano, 1841)

Figlio di Bartolomeo (artigiano di modesta estrazione, originario di Ala) e di Anna Phanzelter vedova Berti. Compì i primi studi presso il seminario di Trento; abbandonata la carriera ecclesiastica, si trasferì a Vienna, dove dal 1802 si dedicò allo studio del diritto. Dopo la pace di Presburgo e il passaggio del Tirolo sotto il governo bavaro, si trasferì a Innsbruck per concludere gli studi, laureandosi nel giugno del 1806. Tornato in Trentino, qui effettuò il tirocinio necessario, secondo il codice bavaro, per esercitare l’avvocatura: prima a Lavis presso lo studio del fratellastro Bartolomeo Berti e poi a Rovereto presso l’ufficio pretorio. Si dimostrò tanto capace che gli fu permesso, in via eccezionale, di concludere il praticantato in un solo anno. Superato nel maggio 1807 l’esame e prestato giuramento, avviò una brillante carriera di avvocato, che proseguì in periodo italico, lavorando presso la Corte di giustizia civile e criminale del Dipartimento dell’Alto Adige. Pur essendo avvocato di provincia, nel gennaio del 1812 ottenne il permesso dal ministro della giustizia di arringare presso la Corte d’appello di Brescia, dalla quale dipendeva la Corte di Trento. Con l’insediamento della sovranità asburgica a Trento, abbandonò l’avvocatura per passare alla magistratura – ramo senz’altro più promettente per una eventuale ascesa di carriera, dal momento in cui l’ordinamento giudiziario austriaco concedeva pochissimo spazio al ruolo stesso dell’avvocato (specialmente in campo penale, dove la figura del difensore era del tutto assente): nel novembre 1813 venne dunque nominato procuratore generale presso la Corte civile e criminale (per qualche mese anche Corte d’appello provvisoria) di Trento. Dopo un breve periodo ad Innsbruck come consigliere del Tribunale d’appello tirolese, nel maggio del 1816 fu promosso consigliere del Senato Lombardo-Veneto del Supremo Tribunale di Giustizia, sedente a Verona, e in queste vesti fu direttamente coinvolto, come relatore di terza istanza, nei celebri processi per alto tradimento dei primi anni Venti istruiti dapprima a Venezia e poi a Milano contro gli aderenti alla Carboneria e alla Federazione Italiana. Nel marzo del 1824 venne scelto per presiedere il Tribunale civile di Milano e nel novembre 1832 il Tribunale d’Appello lombardo. Nel luglio 1833 fu elevato alla dignità di consigliere intimo dell’imperatore e nel gennaio 1836 assunse anche la presidenza del Superiore Tribunale di Finanza. Nel settembre 1838, in occasione dell’incoronazione di Ferdinando I a re del Regno Lombardo-Veneto, venne insignito del cavalierato della Corona di ferro di seconda classe che gli valse l’annesso titolo di barone, con il predicato di Roccanova.

Tra i principali esponenti di quella generazione che, nonostante la modesta estrazione, fu capace di costruirsi una prestigiosa carriera nell’amministrazione asburgica, Mazzetti fu dunque una figura di primissimo piano dell’apparato giudiziario lombardo-veneto, di cui arrivò ai vertici. Le permanenze giovanili a Vienna e Innsbruck, il periodo a Trento (nella cui élite cittadina si inserì anche grazie al matrimonio con un’esponente della nobiltà locale, Lucia Sardagna di Hohenstein) e poi le residenze lombardo-venete negli anni della maturità – Verona e ancor più Milano – gli permisero di entrare in contatto con diversi milieu e tradizioni culturali, di accedere a molteplici letture di carattere giuridico, ma anche storiografico, letterario e filosofico, come pure di ampliare sempre più le sue reti di conoscenze, riverberate nel fittissimo carteggio – conservato, con il suo archivio, nella Biblioteca comunale di Trento. Fu inoltre membro di numerose accademie e società, tra le quali il Ferdinandeum di Innsbruck, l’Accademia roveretana degli Agiati, l’Accademia Bavarese delle Scienze.

Accanto all’attività professionale egli coltivò sempre una passione storiografico-erudita, che si tradusse specialmente nella raccolta di libri, documenti e manoscritti: una raccolta di carattere tematico, relativa cioè soprattutto alla storia medievale e moderna del Trentino, di cui Mazzetti rivendicava l’identità culturale italiana. Mazzetti, come del resto altri funzionari asburgici che come lui si erano formati tra la fine del Settecento e l’inizio del secolo successivo e che pure si erano dedicati a studi storici e letterari, mostra bene come a questa altezza cronologica fosse possibile concepire il Trentino quale territorio culturalmente italiano e farsi promotori di tale nesso culturale, senza per questo mettere in alcun modo in discussione l’assetto politico-statuale entro cui si collocavano i territori italiani dell’impero austriaco; come, insomma, non vi fosse alcuna contraddizione tra l’assoluta fedeltà alla corona asburgica e una tensione culturale orientata verso sud.

L’attività di Mazzetti come autore di testi storici fu invero piuttosto modesta: pubblicò un solo volume, sulle relazioni tra Trento e Cremona (1831), di cui sono state rilevate diverse ingenuità metodologiche. Una biografia di carattere marcatamente agiografico di Carlo Firmian, ministro plenipotenziario della Lombardia in periodo teresiano e originario di Trento, rimase inedita ancorché relativamente nota, mentre il suo più ambizioso proposito di scrivere una “storia ecclesiastica, civile, militare e letteraria della città, del ducato, principato e vescovado di Trento” non venne mai realizzato. Eppure, più che nella sua scarsa e qualitativamente non eccelsa produzione editoriale, la indubbia rilevanza di Mazzetti per la storiografia sul Trentino e, più in generale, nel panorama culturale del primo Ottocento va ricercata in prima battuta proprio nella sua instancabile (e molto dispendiosa) attività di collezionista e “conservatore”. Il primo impianto della sua raccolta di manoscritti e della sua vastissima biblioteca prese forma negli anni trentini (1807-1815), per poi essere arricchita da sempre nuove acquisizioni lungo tutto il corso della sua vita, anche grazie ai rapporti con varie figure: prima fra tutte il futuro podestà di Trento Benedetto Giovanelli, con cui Mazzetti condivideva gli interessi storiografici e la passione antiquaria, ma pure altri collezionisti, studiosi o uomini di cultura (come l’ex console di Trento Gaudenzio Antonio Gaudenti, il giurista Francesco Vigilio Barbacovi, il giudice bolzanino Andreas Dipauli). Tale collezione documentaria e bibliografica conta oltre 6500 volumi, molti dei quali raccolgono fonti provenienti dall’archivio della cancelleria del Principato vescovile, allora considerato in gran parte disperso: già a disposizione di chiunque volesse consultarla nella sua casa milanese, essa fu donata da Mazzetti al comune di Trento per volontà testamentaria, assieme al suo archivio personale (carteggi, diari, documenti prodotti nel corso della sua attività di giudice). La Raccolta mazzettiana andò così a costituire uno dei primi e principali nuclei della Biblioteca comunale – in quegli anni in fase di formazione e aperta un quindicennio dopo la morte di Mazzetti –, dove è tuttora conservata (come parte del fondo miscellaneo BCT1; una porzione più esigua dell’archivio costituisce il fondo BCT47).

 

Opere di Antonio Mazzetti 

Accanto a diverse pubblicazioni giuridiche e a vari componimenti poetici d’occasione, che qui non si menzionano, l’unica opera storica edita da Mazzetti è Pel solenne ingresso nella Diocesi di Cremona di monsignor vescovo Carlo Emmanuele Sardagna de Hohenstein da Trento: cenni storici sulle antiche relazioni fra queste due città, con lettere inedite del cardinale Francesco Sfondrati cremonese, Milano, Rivolta, 1831. Oltre ad essa, va segnalato il manoscritto inedito Vita e reggimento del Conte Carlo di Firmian, Ministro plenipotenziario della Lombardia sotto Maria Teresa e Giuseppe II Augusti, con notizie storiche di quell’epoca austriaca (conservato in: Biblioteca comunale di Trento, BCT1-1405–1407).

 

Bibliografia su Antonio Mazzetti (in ordine cronologico)

  • Sergio Benvenuti, Il carteggio di Antonio Rosmini con Antonio Mazzetti, in “Studi Trentini di Scienze Storiche”, 67 (1968), pp. 422-452.
  • Francesca Bertoni, Il lascito del barone Antonio Mazzetti alla Biblioteca comunale di Trento, in “Civis. Studi e testi”, 13 (1981), pp. 3-44.
  • Maddalena Guiotto, Tre studiosi trentini del secolo decimonono soci dell’Accademia bavarese delle scienze, in “Studi Trentini di Scienze Storiche. Sezione prima”, 66 (1987), pp. 353-385.
  • Erica Sfredda, Un funzionario trentino della Restaurazione, Antonio Mazzetti, in “Studi Trentini di Scienze Storiche. Sezione prima”, 68 (1989), pp. 581-637.
  • Marica Roda, Mazzetti Antonio, in Dizionario biografico degli italiani, 72, Roma, Istituto della Enciclopedia italiana, 2008, pp. 563-565.
  • Marco Bellabarba, Il giudice come ispettore: Antonio Mazzetti e la “visita” ai tribunali lombardi (1822-1823), in “Acta Histriae”, 17 (2009), pp. 411-434.
  • Massimo Scandola, Bibliografia antiquaria e ricerca documentaria in Antonio Mazzetti, in Per una storia degli archivi di Trento, Bressanone e Innsbruck, Ricerche e fonti (secoli XIV-XIX), a cura di Katia Occhi, Bologna, Il Mulino, 2015, pp. 87-102.
  • Francesca Brunet, “Per atto di grazia”. Pena di morte e perdono sovrano nel Regno Lombardo-Veneto (1816-1848), Roma, Edizioni di Storia e Letteratura, 2016.
  • Franco Cagol, Una città senza archivio: le concentrazioni documentarie nella Biblioteca civica di Trento, in Erudizione cittadina e fonti documentarie. Archivi e ricerca storica nell’Ottocento italiano (1840-1880), a cura di Andrea Giorgi [et al.], 1, Firenze, University Press, 2019, pp. 573-611.
  • Franco Cagol, “Sic itur ad astra”. Antonio Mazzetti, strategie, clientele e favori nella carriera di un giudice, in Il Paese sospeso. La costruzione della Provincia tirolese (1813-1816), a cura di Marcello Bonazza, Francesca Brunet, Florian Huber, Trento, Società di Studi Trentini di Scienze Storiche, 2020, pp. 133-160.

 

Francesca Brunet

Francesco Ambrosi

 

Francesco Ambrosi

(Borgo Valsugana, 1821 – Trento, 1897)

Francesco Carlo Lorenzo Ambrosi nacque a Borgo Valsugana il 17 novembre 1821, figlio di Giuseppe Ambrosi e Camilla Stainer. Come egli stesso scrisse nel breve profilo autobiografico all’interno della sua opera Scrittori ed artisti trentini, “crebbi contrastato dai vecchi pregiudizj di famiglia che volevano fare di me un sacerdote, e dal bisogno altamente sentito di darmi allo studio, senza legare preventivamente la mia individuale libertà. Chiesi, e non ottenni, d’uscire di patria a fine di percorrere i corsi regolari del ginnasio, onde presi la risoluzione di fare da me rendendomi autodidatta”. Gli furono di aiuto, mediante suggerimenti di letture e “buoni consigli” due religiosi, l’eremitano Francesco Dall’Orsola e il francescano Camillo Terzi d’Alzano.

Le discipline che più lo interessavano erano la storia, la filosofia, le scienze naturali e in particolare la botanica. Raccolse un importante erbario e pubblicò una piuttosto ampia bibliografia. L’opera più prestigiosa da lui prodotta fu Flora del Tirolo meridionale, iniziata nel 1854 e proseguita a puntate fino al 1857: rimase incompiuta per ragioni economiche. Dal suo ricchissimo epistolario, di cui cospicua parte è conservata nella Biblioteca comunale di Trento si evince che intrattenne corrispondenza con importanti studiosi di ambito naturalistico del suo tempo quali Filippo Parlatore, Jacques Etienne Gay, Alberto Parolini, Antonio Bertoloni. Fu membro di importanti sodalizi di studi scientifici: tra questi, la Società zoo-botanica di Vienna, la Società botanica di Ratisbona, la Società di Orticoltura del Litorale, l’Accademia di Agricoltura di Verona. Sono inoltre da menzionare alcuni riconoscimenti attribuitigli quali la medaglia d’argento ricevuta dal Museo di Fisica e Storia naturale di Firenze nel 1850, quella d’oro dall’Associazione dei Benemeriti Italiani di Palermo nel 1876 e la medaglia scientifica internazionale dall’Académie internationale de géographie botanique di Le Mans nel 1894.

Nel 1864 – su proposta dell’avvocato Carlo Dordi, consigliere municipale e suo compaesano e amico – fu chiamato a dirigere la Biblioteca e il Museo civici di Trento. Rimase alla guida dei due istituti culturali cittadini fino alla morte, avvenuta il 9 aprile 1897. Durante la sua direzione avvenne, nel corso del 1873, il trasloco dalla sede da Palazzo a Prato, in via Santissima Trinità, a Palazzo Thun in via Belenzani. A motivo della sua formazione in un primo tempo si rivelò attento in particolare al Museo, aprendolo al pubblico ogni giovedì e ogni giornata festiva; ne accrebbe il patrimonio sollecitando doni da parte dei cittadini (va detto che diede il buon esempio donando il suo erbario) ma anche per mezzo di acquisti: al proposito va senz’altro citata la Tavola Clesiana nel 1879.

La maggior propensione verso l’attività del museo non gli impedì però di avere a cuore anche lo sviluppo delle attività della biblioteca, anche se i rapporti con il Municipio non furono sempre buoni. Si occupò di redigere un catalogo per materie in nove volumi e mise in pratica nel 1869 l’istituzione di una “pubblica cattedra per lezioni libere e popolari”, che era prevista dallo statuto della Biblioteca: da queste lezioni nacque probabilmente la decisione di occuparsi in maniera più continuativa degli studi storici, come si può desumere scorrendo i titoli presenti nella sua bibliografia. Nel 1882 fu tra i più convinti sostenitori della nascita della rivista “Archivio Trentino”, che divenne l’organo della Biblioteca di Trento fino al 1914. Alcuni dei suoi scritti storici furono pubblicati proprio in tale rivista, oltre che su “Archivio Veneto” e “Archivio Storico Italiano”. Le sue opere storiche più significative furono Scrittori ed artisti trentini e Commentari della storia trentina. Nel recensire la riedizione dei Commentari (1983) Maria Garbari definì l’opera di Ambrosi “un passaggio obbligatorio per gli studiosi degli avvenimenti locali, sia per la ricchezza di notizie, sia per l’organicità della stesura che si snoda intorno a un preciso modo di intendere la storia […] si trasforma in testimonianza politica e civile, non solo nel senso dell’italianità, ma anche per la fede in un incivilimento che è trionfo sul pregiudizio ed arricchimento di libertà intellettuali e sociali, fino a portare l’autore a sovrapporre l’ideologia ai fatti”.

 

Opere pricnipali (in ordine cronologico) 

  • Flora del Tirolo meridionale, ossia, Descrizione delle specie fanerogame che crescono spontanee sopra il suolo trentino, Padova, Sicca, 1854-1857.
  • Prime letture popolari di storia d’Italia fatte nel locale delle scuole serali di Trento durante i mesi di gennaio, febbraio e marzo del 1869, Trento, Monauni, 1869.
  • Bernardo Clesio e la guerra rustica nel Trentino, Trento, Küpper-Fronza, 1870.
  • Il Trentino nel Cinquecento: narrazione storica, in “Archivio Storico Italiano”, s. 3, 22 (1875), pp. 264-281, 461-478.
  • Il medio evo trentino: memoria, in “Archivio storico italiano”, s. 4, 3 (1879), pp. 413-435; 4 (1879), pp. 74-87, 385-393.
  • La Valsugana descritta al viaggiatore, Borgo Valsugana, Marchetto, 1880.
  • Di Pietro Andrea Mattioli sanese e del suo soggiorno nel Trentino; aggiuntevi due lettere di lui al Cardinale Cristoforo Madruzzo P.V. di Trento: note biografiche, in “Archivio Trentino”, 1 (1882), pp. 49-61.
  • Scrittori ed artisti trentini, Trento, Zippel, 1883.
  • Carlo Emanuele Madruzzo e la stregoneria: appunti di storia trentina, in “Archivio Veneto”, 32 (1886), pp. 63-83.
  • Commentari della storia trentina: con un’appendice di notizie e documenti, Rovereto, Sottochiesa, 1887.

 

Bibliografia su Claudio Leonardi 

  • Pier Andrea Saccardo, Francesco Ambrosi: cenni biografici, in “Bullettino della Società veneto-trentina di scienze naturali”, 6 (1898), pp. 117-119.
  • Giuseppe Dalla Fior, Francesco Ambrosi, in “Natura alpina”, 5 (1954), n. 3, pp. 6-9.
  • Antonio Zanetel, Francesco Ambrosi, in Dizionario biografico di uomini del Trentino sud-orientale, Trento, Alcione, 1978, pp. 19-23.
  • Fabio Garbari, Gino Tomasi, Francesco Ambrosi: un ricordo a cento anni dalla morte, in “Natura alpina”, 49 (1998), n. 3, p. 19-24.
  • Martina Errigo, “Vantaggio e onore al paese”. Francesco Ambrosi e la Biblioteca Comunale di Trento (1864-1897), tesi di laurea, relatore Silvano Groff, Università degli Studi di Trento, a. acc. 2007-08.
  • Isabella Magnani, Scienza, letteratura e patria. Francesco Ambrosi (1821-1897) lettore di Dante, tesi di laurea, relatore Luca Ciancio, Università degli Studi di Verona, a. acc. 2008-09.
  • Andrea Butterini, “Mi obbligherebbe assai, se mi fosse tanto cortese da cooperare ad una mia pubblicazione …”: corrispondenze tra Francesco Ambrosi, Tommaso Gar e Giovanni Battista Sardagna (1854-1888), tesi di laurea, relatore Andrea Giorgi, Università degli Studi di Trento, Trento, a. acc. 2008-09.

 

Giovanni Delama

Claudio Leonardi

Claudio Leonardi

(Sacco di Rovereto, 1926 – Firenze, 2010)

Nacque a Rovereto, e precisamente a Sacco, il 17 aprile 1926 e studiò dapprima al Liceo Antonio Rosmini, nella sua città, e poi all’Università Cattolica di Milano, quindi a Fribourg in Svizzera. Là conobbe Gianfranco Contini ed Ezio Franceschini. Si laureò nel 1950 con una tesi sulla fortuna medievale di Marziano Capella.

Dal 1953 lavorò con Raffaello Morghen all’Istituto storico italiano per il Medioevo, nel 1960 divenne scriptor per i codici latini alla Biblioteca Apostolica Vaticana, e nel 1968 professore ordinario di letteratura latina medievale a Lecce, poi a Perugia (1971), a Siena-Arezzo (1974, quindi a Firenze (1976), dove concluse la sua carriera accademica nel 2001.

Da sempre vicino alla Chiesa cattolica, ne visse il rinnovamento degli anni Sessanta, collaborando con Gianni Baget Bozzo a “Renovatio”. Poi passò a dirigere “Studi medievali”, in cui concepì la grande idea di “Medioevo latino (sec. VI-XV)”, che cominciò le sue pubblicazioni nel 1980, imponendosi in campo internazionale.

Nel 1984 fondò la Società internazionale per lo studio del Medioevo latino (SISMEL), e, nel 1987, fu l’animatore della Fondazione Ezio Franceschini, riunite nell’unica sede fiorentina della Certosa del Galluzzo, che sono poi diventate punti di riferimento internazionali.

Alla sua scomparsa, nel 2010, Leonardi lasciò, accanto a una bibliografia di oltre mille titoli, anche il complesso SISMEL-Fondazione Franceschini, con circa quaranta collane e otto riviste, “Medioevo latino”, l’archivio digitale “Mirabile”, e fondi librari e archivistici.

Il senso profondo della vita studiosa di Claudio Leonardi sta nella filologia. La sua ricerca storica ne è intessuta, ed egli l’assorbì dalla grande tradizione tedesca, mediata però dal contributo determinante di Giorgio Pasquali e Gianfranco Contini. Questo interesse per la filologia spiega non solo l’attenzione che Leonardi dedico all’edizione critica delle fonti, e che si concretò in alcuni importantissimi lavori, ma più in generale tutta la sua attività di organizzazione culturale e di impulso alla ricerca scientifica.

L’attenzione alla parola è attenzione alla dottrina, ma anche attenzione al modo in cui la dottrina è stata vissuta, e più in generale al modo in cui la storia è stata vissuta. Attraverso la ricostruzione della parola e della sua tradizione è possibile non solo ricostruire un testo, ma la personalità del suo autore, la sua visione del mondo e della storia, e anche la visione che altri ne ebbero, grazie alla mediazione dell’opera dell’autore stesso.

Tutto questo emerge con particolare vivacità nelle pagine che Leonardi dedicò a introdurre il manuale di letteratura latina medievale da lui curato. In esse appare evidente una nostalgia non per il medioevo in quanto tale, ma per la sua natura dialogica e quindi fatta di contrasti e di relazioni tra idee, istituzioni, religioni, culture differenti. Proprio tale natura dialogica rimanda, necessariamente, alla parola, e tramite la parola può essere oggetto di appropriazione intellettuale anche oggi, offrendo, con la certezza del futuro, un senso all’angosciante incertezza del presente. Questa esigenza di appropriazione passa, necessariamente, attraverso la ri-appropriazione delle parole e degli autori che le pronunciarono e le scrissero. Di qui la scelta della storia della letteratura come via privilegiata per accedere nuovamente al carattere dialogico di cui si è detto. Questo spiega le scelte culturali fondamentali di Claudio Leonardi: l’attenzione per la critica testuale, per le parole e per gli autori di cui si è detto, la necessità di definire uno spazio letterario preciso, e quindi di distinguerlo da altri, la rivendicazione di una decisa specificità della cultura medievale, generatasi e conclusasi tra il secolo IV e il XIII. D’altra parte, in Leonardi l’opera e il travaglio spirituale comunicano intensamente: il medioevo diventa in lui, continuamente, specchio del presente, e tentativo di rispondere alle sfide di quest’ultimo. Tutto questo senza alcun cedimento alla banalità, al punto di scoprire e riscoprire il carattere fondamentale di un’epoca, di ogni epoca, nel suo modo di concepire Dio e l’uomo e la relazione tra essi, a dispetto di altre caratterizzazioni forse più eclatanti ma, occorre ammetterlo francamente, molto più superficiali. Sarà forse per questo che i progetti, credo, più ambiziosi a cui Leonardi si dedicò, con successo, nella sua lunga e intensa vita scientifica ebbero al centro il Cristo e, subito dopo, Francesco d’Assisi, l’alter Christus.

 

 Opere pricnipali (in ordine cronologico) 

  • I codici di Marziano Capella, in “Aevum”, 33 (1959), pp. 443-489; 34 (1960), pp. 1-99, 411-524.
  • Conciliorum Oecumenicorum Decreta, edd. J. Alberigo, P.-P. Joannou, C. Leonardi, P. Prodi, Basileae, Herder, 1962, in particolare pp. 163-377.
  • Codices Vaticani Latini. Codices 2060-2117, Città del Vaticano, Biblioteca Apostolica Vaticana, 1987.
  • Scrittrici mistiche italiane, a cura di Giovanni Pozzi, Claudio Leonardi, Genova, Marietti, 1988.
  • Il Cristo, III: Testi teologici e spirituali in lingua latina da Agostino ad Anselmo di Canterbury; IV: Testi teologici e spirituali in lingua latina da Abelardo a san Bernardo; V: Testi teologici e spirituali da Riccardo di San Vittore a Caterina da Siena, Milano, Fondazione Valla, 1989, 1991, 1992.
  • Letteratura latina medievale (secoli VI-XV). Un manuale, Firenze, SISMEL – Edizioni del Galluzzo, 2003.
  • La letteratura francescana, I: Francesco e Chiara d’Assisi; II: Le vite antiche di san Francesco; III: Bonaventura: la perfezione cristiana, Milano, Fondazione Valla, 2005-2012.

 

 Bibliografia su Claudio Leonardi (in ordine cronologico) 

  • Enrico Menestò, Claudio Leonardi (Sacco di Rovereto, 17 aprile 1926 – Firenze, 21 maggio 2010), in “Studi medievali”, 51 (2010), pp. 555-580 (con una nota autobiografica pp. 574-580).
  • L’esperienza intellettuale di Claudio Leonardi, Firenze, SISMEL – Edizioni del Galluzzo, 2011 (con la bibliografia completa).
  • Gian Maria Varanini, Le ricerche di ambito trentino di Claudio Leonardi (1926-2010), in “Studi Trentini. Storia”, 90 (2011), n. 2, pp. 457-465.
  • Il senso del Medioevo. In memoria di Claudio Leonardi, Giornata di studi promossa dall’Accademia Roveretana degli Agiati, a cura di Antonella Degl’Innocenti, Donatella Frioli, Paolo Gatti, Firenze, SISMEL – Edizioni del Galluzzo, 2012; si segnala il saggio di Gian Maria Varanini, La storia del Trentino nelle ricerche di Claudio Leonardi, pp. 119-127 (anche in “Studi Trentini. Storia”, 90 [2011], pp. 457-465), “sulle ricerche, del tutto occasionali, che il grande studioso della latinità medievale dedicò a problemi della storia medievale e religiosa del Trentino”.
  • André Vauchez, Claudio Leonardi et l’hagiographie médiévale, in “Studi medievali”, 53 (2012), pp. 303-312.
  • Francesco Santi, Leonardi, Claudio, in Il contributo italiano alla storia del pensiero. Storia e politica, Roma, Istituto della Enciclopedia italiana, 2013, on line: https://www.treccani.it/enciclopedia/claudio-leonardi_(altro)/.

 

Christian Zendri

Corrado Trotter

Corrado Trotter

(Canal San Bovo, 1914 – Mezzano di Primiero, 1997)

Nacque a Canal San Bovo il 14 luglio 1914 da Angelo e Maria Orsingher. Non ebbe modo di conoscere suo padre, morto l’anno successivo in Galizia da soldato austro-ungarico. La sua infanzia fu segnata profondamente, come lui stesso ebbe modo di raccontare più volte, da questa tragedia familiare. Grazie all’abnegazione della madre riuscì tuttavia a intraprendere e a completare gli studi, conseguendo a Verona il diploma magistrale.

Iniziò la sua quarantennale carriera nella scuola elementare nel 1936 con incarichi nel Veronese e nel Trentino. Dopo un incarico a Brentonico, nel 1940 fu trasferito a Mezzano di Primiero dove, terminata la parentesi bellica, si stabilì definitivamente. A Mezzano insegnò per un trentennio fino al pensionamento, avvenuto nel 1975. Fu maestro severo e scrupoloso, attento nel riconoscere le doti e le qualità degli alunni che gli erano affidati. Gli impegni professionali non gli impedirono di dedicarsi alla vita pubblica: fu, tra l’altro, consigliere comunale e sindaco di Mezzano dal 1956 al 1960.

Animatore del locale circolo Enal, iscritto alla sezione di Primiero della Società Dante Alighieri, dopo il collocamento a riposo si dedicò a tempo pieno e con passione agli studi che da tempo coltivava: la poesia innanzitutto e le tradizioni popolari. Amante della lingua italiana e al tempo stesso convinto assertore delle potenzialità del dialetto, pubblicò due raccolte di componimenti, al centro dei quali è il legame con la propria terra e le proprie origini: Parle co la me dent (1973) e Par no desmentegar (1976). A questi temi dedicò anche la ricerca Vita primierotta nei suoi costumi, tradizioni, leggende (1979). Si dedicò altresì alla storia delle calamità naturali nelle valli del Vanoi e di Primiero, dando alle stampe due volumi sull’argomento. Un altro suo campo d’indagine fu l’emigrazione primierotta otto-novecentesca (A la matina all’alba, 1984). Nel 1985 fu associato alla Società di Studi Trentini di Scienze Storiche. L’ultimo dei lavori che riuscì a dare alle stampe fu un omaggio al suo paese d’origine: L’ospedale ricovero di Canal San Bovo (1992). Morì a Mezzano di Primiero il 18 luglio 1997.

 

 

Opere di Corrado Trotter 

  • Parle co la me dent: poesie in dialetto primierotto, Agordo, Tipografia agordina, 1973.
  • Par no desmentegar: poesie in dialetto primierotto, disegni di Jimy (Angelo Trotter), Agordo, Tipografia agordina, 1976.
  • Vita primierotta nei suoi costumi, tradizioni, leggende, copertina di Jimi (Angelo Trotter), Transacqua, Cassa rurale, 1979.
  • Tra fiumane e alluvioni. 1882 L’an dela brentana, Trento, Alcione, 1982.
  • A la matina all’alba: l’emigrazione nel Primiero, Trento, Alcione, 1984.
  • Primiero nella rovina del 1966: episodi storici e cronaca dell’alluvione, Trento, Alcione, 1986.
  • L’ospedale ricovero di Canal San Bovo: origine e storia di una struttura sociale, Canal San Bovo, Comune. Biblioteca pubblica, 1992.

 

Ugo Pistoia

Armando Costa

Armando Costa

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(Borgo Valsugana, 1927 – Trento, 2022)

Nacque a Borgo Valsugana il 25 gennaio 1927, figlio di Luigi e Maria D’Andrea, e venne ordinato sacerdote a Trento il 29 giugno 1951. Fu prefetto del seminario minore (1951-1961) e insegnante di materie letterarie (1951-1967) e di religione (1956-1972). Lavorò presso la Curia diocesana all’Ufficio liturgico (1965-1967), fu presidente della Commissione diocesana Congressi Eucaristici (1963-1975) e direttore del Laboratorio liturgico diocesano (1965-1980). Fu inoltre canonico residenziale della cattedrale (1978-2022), decano del Capitolo cattedrale (1986-2001), membro e segretario del Collegio dei Consultori (1986-2005), responsabile delle pubblicazioni ufficiali di Curia (2000-2018). Negli anni Novanta fu vicepostulatore per le cause di canonizzazione del vescovo Giovanni Nepomuceno de Tschiderer e di Alcide Degasperi.

Giornalista pubblicista, per 33 anni – dal 1967 al 2000 – fu responsabile dell’Ufficio stampa della diocesi ed esercitò il suo impegno per il mondo della comunicazione anche come consulente ecclesiastico dell’Unione Stampa Cattolica italiana (1986-2002). Particolarmente cordiale e intimo fu il rapporto e la collaborazione che ebbe con l’arcivescovo Giovanni Maria Sartori (1987-1998). Durante gli episcopati di Alessandro Maria Gottardi, Giovanni Maria Sartori, Luigi Bressan e Lauro Tisi fu responsabile della comunicazione ufficiale della Curia. In quanto tale curò la “Rivista Diocesana Tridentina”, bollettino ufficiale degli atti di Curia, l’“Annuario diocesano” e altre pubblicazioni. Promosse e coordinò il lavoro di ricerca per la progettata causa di beatificazione di Alcide Degasperi, del quale fu devoto ammiratore e biografo (nel 2018 scrisse Alcide Degasperi al Borgo e in Sella, ma prima gli aveva dedicato numerosi articoli su “Strenna Trentina” e le omelie tenute in occasione dell’annuale commemorazione nella chiesa di Borgo Valsugana nel mese di agosto, poi pubblicate). Collaborò inoltre con il quotidiano “L’Adige” (dove tenne per anni una rubrica settimanale intitolata Proposte cristiane), mentre per la RAI regionale curò la rubrica radiofonica del sabato pomeriggio Vita della Chiesa in regione. Dal 1970 al 2022 fu collaboratore e fino al 2014 direttore dell’annuario “Strenna Trentina”, fornendo egli stesso ogni anno uno o più contributi originali.

Un’assidua passione e impegno di monsignor Armando Costa fu la pubblicazione di ricerche storiche (cosa che permise anche la sua cooptazione, fin dagli anni Settanta, nella Società di Studi Trentini di Scienze Storiche): diverse decine di volumi e una lunga serie di articoli su quotidiani, settimanali e annuari. Dedicò le sue fatiche soprattutto alla storia della diocesi di Trento e del suo paese natale, Borgo Valsugana. Si tratta di pubblicazioni di taglio storico-divulgativo, alcune di notevolissima mole, dedicate a personaggi, istituzioni, strutture materiali, luoghi ed eventi. La scrittura è chiara e gradevole; l’approccio è eminentemente narrativo e cronachistico, e si avvale spesso di ricostruzioni già edite. Interessato all’aneddoto, è tuttavia spesso efficace anche nella rappresentazione complessiva di un’epoca o di un contesto. Al di là della narrazione, manca per lo più l’analisi e l’interpretazione critica di eventi e processi; egli stesso amava definirsi soprattutto un raccoglitore di notizie su luoghi, persone, avvenimenti del passato anche recente, per conservarli nel tempo e traghettarli alle generazioni future.

L’altro campo di ricerca è stato, come si è detto, Borgo Valsugana, suo amato paese natale. Nel 1956 fondò e diresse poi per ben 38 anni il notiziario parrocchiale della parrocchia di Borgo “Voci Amiche”. Operò con merito, sotto molti aspetti, anche nel campo civile (per la preservazione della chiesa di Sant’Anna nel centro del paese, per l’intitolazione del corso “Ausugum”, per la cura, il restauro e l’animazione pastorale dell’eremo di San Lorenzo al Monte), così che nel dicembre 1995 gli fu conferita la cittadinanza onoraria. Nelle ricerche e nelle pubblicazioni su Borgo Valsugana è stato spesso autore originale, basato su fonti d’archivio.

 

 

Opere principali di Armando Costa (in ordine cronologico) 

  • I vescovi di Trento. Notizie – profili, Trento, Artigianelli, 1977; seconda edizione riveduta e aumentata Milano, Àncora, 2017.
  • La passione del Borgo nella Guerra 1914-18, Trento, Artigianelli, 1984.
  • La Chiesa di Dio che vive in Trento, Trento, Edizioni diocesane, 1986.
  • La pieve di S. Maria del Borgo, Olle, Cassa Rurale, 1989.
  • Ausugum. Appunti per una storia del Borgo della Valsugana, 3 voll., Olle, Cassa Rurale, 1993-1995.
  • Il beato Giovanni Nepomuceno de Tschiderer: un santo pastore della Chiesa tridentina, Trento, Edizioni diocesane, 1994.
  • La terra del Borgo, Olle, Cassa Rurale, 1999.
  • Carteggio Pietro Romani. Documenti. Periodo bellico. Dall’archivio di Livio Rossi in Borgo Valsugana, Borgo Valsugana, Centro studi su Alcide Degasperi, 2011.
  • Cardinali e vescovi tridentini per radici di famiglia, formazione e designazione, Trento, Vita Trentina, 2014.
  • “Cives Burgi Ausugi memoria digni”, Borgo Valsugana, Comune, 2020.

 

Severino Vareschi

Francesco Felice Alberti d’Enno

Ritratto del principe vescovo di Trento Francesco Felice Alberti d’Enno,
olio, Trento, Castello del Buonconsiglio, 1758-1762
Da Il Castello del Buonconsiglio. Dimora dei Principi Vescovi di Trento. 
Persone e temi di una storia, 2, a cura di Enrico Castelnuovo, Trento, TEMI, 1996

Francesco Felice Alberti d’Enno
(Trento, 1701 – 1762)

Figlio primogenito del conte Gervasio Vigilio Mattia e della contessa Barbara Bortolazzi zu Wattardorf und Brunnenberg; era pronipote del principe vescovo Giuseppe Vittorio Alberti d’Enno (1689-1695). Studiò presso il ginnasio cittadino e, scelta la carriera ecclesiastica, al Collegio Germanico di Roma dal 1720 al 1724, subentrando in quell’anno allo zio Francesco Sigismondo Alberti d’Enno (1677-1724) come canonico della cattedrale. Fu consigliere del principe vescovo di Trento Antonio Domenico Wolkenstein Trostburg (1725-1730), quindi visitatore della diocesi e delegato nei processi di beatificazione dei sette santi fondatori dell’Ordine dei Servi di Maria e della serva di Dio Giovanna Maria Della Croce. Nel 1756 ottenne la nomina a coadiutore e amministratore con diritto di successione del principe vescovo Domenico Antonio Thun (1730-1758): gli subentrò nel 1758, rimanendo in carica fino al 1762.

Tenne un comportamento riformista, pur con tendenze conservatrici nei confronti di ogni iniziativa che potesse minacciare le – deboli – strutture politiche del territorio a lui affidato. Provvide a cancellare le misure introdotte da Leopoldo Ernesto Firmian, suo predecessore nella coadiutoria, ripristinando per esempio le attribuzioni giurisdizionali del capitolo; abolì il tribunale ecclesiastico del “concistoro”; riaffermò le esenzioni aristocratiche dai fori ordinari. Promosse un rigido controllo morale del clero, delle ordinazioni e dell’istruzione clericale, ma anche la ristampa delle costituzioni sinodali. In campo economico appoggiò le richieste daziarie e fiscali del Magistrato Consolare di Trento, ma si oppose alle risoluzioni imperiali, come quelle relative alle tariffe dei dazi e a quelle sulla circolazione monetaria. Vi intravvedeva infatti il pericolo di escludere l’economia locale dai commerci con l’area veneta e quindi la (temuta) omologazione al Sacro Romano Impero.

Durante l’episcopato di Alberti d’Enno la figura dell’abate Girolamo nobile Tartarotti Serbati (1706-1761) costituì a più riprese un motivo di preoccupazione per la Chiesa di Trento. Il colto roveretano, fautore di un nuovo metodo scientifico da introdurre negli studi di ogni disciplina, negò santità e martirio del vescovo Adelpreto – scontrandosi con il francescano Benedetto Bonelli (1704-1783) – e sottopose a critica l’operato dei principi vescovi Bernardo Cles e Cristoforo Madruzzo. La collocazione del busto di Tartarotti nella chiesa di San Marco di Rovereto, per decisione della stessa Città della Quercia, portò il vescovo a comminare l’interdetto, innescando una vicenda poi risolta presso la Corte di Vienna.

Alberti d’Enno promosse il rinnovo del Castello del Buonconsiglio secondo il gusto rococò, con l’intervento del pittore veneziano Francesco Fontebasso e dello scultore di Praga Jacob Eberle. Le iniziative artistiche del presule beneficiarono inoltre di un rinnovato impulso in vista del passaggio per Trento nel 1760 di Isabella di Borbone, infanta di Spagna e principessa di Parma (1741-1763), raffinata cultrice delle arti, diretta a Vienna, dove avrebbe sposato Giuseppe d’Asburgo-Lorena (1741-1790), poi imperatore dal 1780.

Con l’aiuto di alcuni religiosi, mentre era canonico, Alberti d’Enno attese al riordino e alla trascrizione dei documenti dell’Archivio del Capitolo del duomo di Trento, compito che aveva come scopo principale il mettere in luce l’intangibilità dei diritti spettanti alla Chiesa di Trento. Scrisse in sette volumi la cosiddetta Miscellanea Alberti. Compilò gli Annali del Principato Ecclesiastico di Trento dal 1022 al 1540, titolo scelto nel 1860 da Tommaso Gar, dopo aver rivisto e integrato il manoscritto originale, giunto incompleto. Alberti d’Enno si basò, come evidenziava lui stesso in modo ripetuto, soprattutto sui documenti degli archivi principesco vescovile e capitolare, a lui ben noti, supportando la sua stesura anche con la bibliografia secondaria. Nel riportare i diversi avvenimenti storici l’autore li collegava alla figura dei presuli succedutisi sulla cattedra di san Vigilio, sottolineando per molti di loro l’azione di difesa delle prerogative della Chiesa di Trento, un riflesso della situazione politica del tempo di Alberti d’Enno. Questi trascorse infatti i suoi ultimi anni in un tenace scontro diplomatico per procrastinare l’incorporazione del principato vescovile di Trento nei territori ereditari austriaci. Il testo contiene degli incisi di una certa ampiezza, dedicati per esempio alla vicenda di Simone da Trento (1475), alla battaglia di Calliano (1487), alla Guerra rustica (1525). L’opera, per la sua importanza documentaria nell’ambito degli studi storici, costituisce l’esito completo e articolato della produzione di Alberti d’Enno.

 

 

Opere di Francesco Felice Alberti d’Enno

  • Repertorium omnium documentorum, quae in Archivio cathedralis ecclesiae Tridentinae divi Vigilii custodienda asservantur ad reverendissimi capituli comodum et ecclesiae praedictae incrementum, 1748 (manoscritto: Trento, Biblioteca comunale, BCT1-1065; altre tre copie a Trento, Archivio Diocesano Tridentino, Archivio Capitolare).
  • Miscellanea Alberti (il primo volume è a Innsbruck, presso il Landesmuseum Ferdinandeum, Dip. 1334; gli altri a Trento, Biblioteca comunale, BCT1-9, BCT1-10 BCT1-11 BCT1-12 BCT1-13, BCT1-14).
  • Annali del Principato Ecclesiastico di Trento dal 1022 al 1540, compilati sui documenti, a cura di Tommaso Gar, Trento, Monauni, 1860 (rist. Sala Bolognese, Forni, 1977). L’opera a stampa deriva dai due manoscritti: Trento, Biblioteca comunale, BCT1-1168 e BCT1-1169; si vedano anche i frammenti in BCT1-2111/4 e BCT1-2111/5).

Bibliografia su Francesco Felice Alberti d’Enno (in ordine cronologico) 

  • Benedetto Bonelli, Monumenta Ecclesiae Tridentinae, 3, Trento, Monauni, 1765, pp. 262-264.
  • Francesco Vigilio Barbacovi, Memorie storiche della città e del territorio di Trento, parte seconda, Trento, Monauni, 1824, pp. 174-183.
  • Francesco Ambrosi, Commentari della storia trentina, 2, Rovereto, Roveretana, 1887, pp. 55-63.
  • Francesco Ambrosi, Scrittori ed artisti trentini, Trento, Zippel, 18942, p. 99.
  • Francesco Felice Alberti d’Enno, I Signori de Enno ora Conti degli Alberti d’Enno, in “Tridentum”, 9 (1906), pp. 319-332; 10 (1907), pp. 64-79, 108-124, 193-224.
  • Simone Weber, Il Ms. “Miscellanea Alberti”, in “Studi Trentini di Scienze Storiche”, 9 (1928), pp. 74-75.
  • Carlo Donati, Ecclesiastici e laici nel Trentino del Settecento (1748-1763), Roma, Istituto Storico Italiano per l’Età Moderna e Contemporanea, 1975.
  • Armando Costa, I vescovi di Trento. Notizie-profili, Trento, Edizioni Diocesane, 1977, pp. 139, 192-196, 371.
  • Marco Bellabarba, Degli Alberti, Francesco Felice, in Dizionario biografico degli Italiani, 36, Roma, Istituto della Enciclopedia Italiana, 1988, pp. 159-160.

 

Paolo Dalla Torre