DBST Chini Giuseppe

Rovereto, 24 settembre 1865 – Rovereto, 20 dicembre 1931

Di modesta estrazione sociale (il padre era proprietario di un piccolo negozio di alimentari) e di carattere riservato, Giuseppe Chini studiò da autodidatta formandosi tuttavia un’istruzione sufficiente a farsi assumere nel 1889 come impiegato presso la Cassa ammalati di Rovereto; tre anni più tardi passò agli uffici del Municipio cittadino, dove ricoprì nel tempo diversi incarichi tra cui quello di archivista e di ufficiale di cancelleria, fino al collocamento a riposo avvenuto nel 1929.
Come studioso rivolse la propria attenzione alla storia, all’arte, ai personaggi e ai monumenti che caratterizzano il paesaggio di Rovereto e della Vallagarina. In questo egli si trovava nella favorevole condizione di poter attingere al materiale dell’archivio municipale e della biblioteca, che aveva facilmente a disposizione per via dell’impiego di funzionario comunale. Mise inoltre il recupero e l’affermazione del patrimonio culturale locale – considerato nelle sue molteplici espressioni – al servizio della celebrazione della patria, della rivendicazione della sua italianità e della manifestazione dell’insofferenza per l’occupazione austriaca, sentita come straniera. Fin dagli anni giovanili egli aveva aderito infatti con entusiasmo agli ideali ed alle aspirazioni irredentiste, impegnandosi in prima persona in attività propagandistiche; i suoi studi diventavano così un ulteriore strumento della propria battaglia politica.
Il fatto di occuparsi di argomenti vari, limitandosi però a un orizzonte geografico circoscritto, fece di lui un vero conoscitore delle cose locali, ma influì inevitabilmente in maniera negativa sull’organicità e sullo spessore dei suoi studi, che risultano nella maggior parte dei casi tanto ricchi di spunti quanto poco articolati e approfonditi. Egli fu infatti (e volle essere) essenzialmente un raccoglitore ed un divulgatore di notizie, piuttosto che un vero e proprio elaboratore, e non andò mai oltre un generico benché attento sforzo interpretativo, talvolta lasciandosi però anche fuorviare da pregiudizi del tutto personali. Questo limite è comunque parzialmente riscattato dall’istintiva accuratezza e rigorosità che egli dimostrò come ricercatore, nonché dall’indiscutibile dimestichezza con i vari argomenti trattati, acquisita nel tempo e consolidata dall’esperienza e dalla sincera passione per la materia. Non bisogna inoltre dimenticare che in questo modo egli trasmise ai posteri la testimonianza di molti documenti poi andati dispersi.
Tra il 1888 e il 1931 dalla sua penna uscì dunque un numero assai ragguardevole di scritti, non sempre però dati alle stampe. Si può risalire complessivamente a oltre un centinaio titoli (uno dei quali uscito postumo nel 1932), nella maggioranza dei casi costituiti da brevi o anche brevissimi articoli, contributi e recensioni apparsi su giornali e riviste quali ad esempio “Vita Trentina”, “Pro Cultura”, “Mente e cuore” e (dopo il 1920) “Studi Trentini di Scienze storiche”.
Allo scoppio della prima guerra mondiale egli (pur ormai cinquantenne) prese a svolgere una rischiosa attività di spionaggio a favore del regio esercito: nell’inverno del 1914-1915 trasmise al Centro d’informazione militare di Verona segnalazioni e notizie circa i preparativi delle armate austriache in Trentino. Il 20 maggio 1915 fu internato come dissidente politico a Katzenau. A seguito della rotta di Caporetto parte delle comunicazioni riservate che aveva inviato cadde nelle mani austriache e ciò gli valse la deportazione a Eferding e poi il trasferimento nelle carceri di Innsbruck, dove fu posto sotto processo. Il dibattimento venne interrotto dalla fine della guerra.
Se in una prima fase, fino al 1914, Chini si era dedicato quasi esclusivamente agli studi di storia locale (soprattutto medioevale, anche perché a quell’epoca risalivano i documenti di cui poteva disporre), dopo il 1920 egli intraprese ricerche seguendo il filone diaristico e memorialistico incentrato sulle cessate vicende belliche e sulle drammatiche ed eroiche vicissitudini dei Trentini oppositori e vittime dell’Austria, e quindi proprio sulle esperienze che egli aveva personalmente vissuto. A questo particolare genere dedicò un impegno piuttosto assiduo presso “Alba Trentina”, la testata che don Rossaro aveva fondato fin dal 1917 con lo scopo di accompagnare la rinascita della patria liberata, e con la quale il Chini collaborò a partire dal 1920 e praticamente fino alla sua cessazione nel 1928. Continuò anche a prestare il suo attivo contributo alla valorizzazione della storia e dei monumenti roveretani, ispirando e sostenendo il restauro del castello cittadino e soprattutto facendosi entusiasta promotore, insieme a Giovanni Malfer e allo stesso Antonio Rossaro, dell’istituzione in esso del Museo storico della guerra. Quando questo venne solennemente inaugurato, il 12 ottobre 1921, fu il compimento di un antico sogno dal quale egli manifestò di trarre grande soddisfazione.
Godeva ormai di una certa popolarità tra la gente e della stima e amicizia di diversi intellettuali locali; si era inoltre inserito in alcune delle principali istituzioni culturali del territorio: membro della Società di Studi Trentini di Scienze Storiche di Trento, socio attivo della Società Museo civico di Rovereto e dal 12 aprile 1920 aggregato anche alla Accademia roveretana degli Agiati, il Chini divenne poi archivista di questo sodalizio e quindi membro del suo Consiglio accademico per il biennio 1924-1925.

Opere principali (in ordine cronologico)

  • Il palazzo municipale di Rovereto, note storiche e descrittive, Rovereto, Tipografia roveretana, 1897.
  • La pestilenza del 1630-1634 a Rovereto e dintorni: noterelle di cronaca estratte dal civico Archivio,in “Archivio Trentino”, 21 (1906), pp. 48-59, 100-116, 233-250.
  • Le iscrizioni antiche e moderne di Rovereto raccolte ed annotate, in “San Marco”, 1 (1909), pp. 49-54, 111-119; 3 (1911), pp. 21-23; 4 (1912), pp. 25-33, 189-196; 6 (1914), pp. 85-94, 109-119.
  • Contributo ad una raccolta di iscrizioni del Trentino. Le iscrizioni antiche e moderne d’Isera e paesi vicini, Rovereto, Grandi, 1912.
  • I castelli di Vallagarina, Rovereto, Società Dante Alighieri. Comitato di Rovereto, 1922.
  • Il castello di Rovereto. Noterelle storico descrittive, Rovereto, Mercurio,1928.
  • La Chiesa di S. Maria del Carmelo e le sue lapidi, Rovereto, Mercurio, 1931.

Bibliografia su Giuseppe Chini (in ordine cronologico)

  • Antonio Piscel, Giuseppe Chini, in “Studi Trentini di Scienze Storiche”, 12 (1932), pp. 84-87.
  • Antonio Rossaro, Giuseppe Chini (24 settembre 1865 – 20 dicembre 1931), in “Atti della Accademia Roveretana degli Agiati”, a.a. 182-183 (1932-1933), s. 4, v. 11, pp. XXVII-XXVIII.
  • Sergio Benvenuti, La nascita della Società per gli Studi trentini: i soci del 1919-1920, in 1919. La Società di Studi trentini di Scienze storiche. Anno di fondazione, Trento, Società di
  • Studi Trentini di Scienze storiche, 1989, pp. 162-163,
  • Carlo Andrea Postinger, Nota introduttiva con un profilo di Giuseppe Chini, in Giuseppe Chini, Il castello di Rovereto, Rovereto, Longo, 1999 (rist. anast. dell’edizione Rovereto 1928), pp. III-XXI (con bibliografia completa).
  • Chini Giuseppe, in Un secolo di vita dell’Accademia degli Agiati (1901-2000). I Soci, a cura di Gauro Coppola, Antonio Passerini, Gianfranco Zandonati, Rovereto, Accademia roveretana degli Agiati, 2003, pp. 282-283.
  • [Fabrizio Rasera], Chini Giuseppe, in Le età del museo. Storia uomini collezioni del Museo Civico di Rovereto a cura di Fabrizio Rasera, Rovereto, Osiride, 2004, p. 323.

Carlo Andrea Postinger