Terlago, 29 settembre 1864 – Trento, 22 marzo 1941

Nacque nel 1864 in una famiglia originaria di Parma, giunta a Trento nel 1800 quando l’antenato Filippo fu nominato podestà: costui nel 1804 sposò una contessa Graziadei e si stabilì a Terlago, terra della famiglia della moglie.
Lamberto Cesarini Sforza conseguì il diploma al ginnasio di Trento e successivamente studiò presso le Università di Torino e Firenze, ove si laureò nel 1889. Si dedicò quindi all’insegnamento per una dozzina di anni prima in Sicilia, poi ad Albenga e infine a Vigevano; in quel periodo si sposò con Beatrice Ciani ed ebbe quattro figli: Eugenio, Antonia, Carolina e Adriana. Pur lontano dalla terra natale il giovane conte mantenne costanti rapporti con il mondo culturale trentino. Fin dal 1887 iniziò a scrivere contributi per l’“Annuario della Società degli alpinisti tridentini”, della quale fece parte dall’anno sociale 1883-1884: i primi articoli furono resoconti di gite in montagna. Nel 1893 pubblicò nella rivista “Archivio Trentino” il suo primo saggio storico riguardante la figura di Ezzelino da Romano. In quegli anni però l’argomento che più frequentemente affrontò nei suoi scritti fu la denuncia del frequente uso di dialettismi e neologismi nell’italiano parlato a Trento; inoltre si occupò di dimostrare l’origine latina di numerosi termini del dialetto trentino. Ritenne opportuno comunicare questi concetti anche alle classi popolari, sottolineando l’importanza della conoscenza della lingua italiana nel vivere quotidiano. Nel bimensile “L’agricoltore”, organo del Consorzio agrario trentino, tenne dal 1895 una rubrica in cui indicava la terminologia corretta relativa ad agricoltura e orticoltura. Nel 1896 iniziò a cimentarsi con una tematica che fu oggetto di parecchi suoi studi per tutta la vita: la toponomastica locale. All’inizio si concentrò sulla città: i suoi studi portarono alla stesura dell’ampio saggio Piazze e strade di Trento, pubblicato in “Archivio Trentino”.
Nel 1901, a seguito della morte del padre Giuliano, tornò a Terlago per curare gli interessi di famiglia. Si fece promotore dell’ideale irredentista e si inserì in sodalizi che a vario titolo  e con differenti modalità ne condividevano lo spirito: la “Società scolastica Pro patria”, la “Lega nazionale” – in cui fu membro della Consiglio centrale –, la sezione di Trento della “Società degli amici della scuola”, oltre alla già citata “Società degli Alpinisti Tridentini”. L’attività di ricerca continuò; pubblicò le trascrizioni di pergamene conservate negli archivi comunali di Terlago, Vezzano, Margone, Padergnone e Ledro finalizzate a studi di carattere toponomastico. In alcuni articoli e in un paio di recensioni ribadì la tesi che nel dialetto trentino fossero molti i vocaboli di etimo latino e, al contrario, pochi quelli di provenienza germanica. Contemporaneamente intraprese una collaborazione fissa con il mensile “Il didascalico”, organo della Società magistrale, ove segnalava ai maestri gli errori di grammatica e sintassi più diffusi nella parlata comune trentina. Nel 1910 venne eletto presidente della “Società degli Alpinisti Tridentini” per il triennio 1910-1912.
Durante gli anni della Grande Guerra decise, in quanto inviso alla autorità a causa delle sue posizioni filoitaliane, di abbandonare il Trentino e trasferirsi a Parma dove riprese l’insegnamento presso l’Istituto tecnico e provvisoriamente sospese la collaborazione con le riviste culturali trentine.
Ritornato a Trento al termine del conflitto, il 13 agosto 1919 fu tra i fondatori della “Società di Studi Trentini” e ne fu eletto primo presidente. Il 23 dicembre dello stesso anno il sindaco di Trento comunicò che la giunta municipale lo aveva nominava direttore della Biblioteca e del Museo comunale di Trento. Il conte Cesarini Sforza si trovava quindi all’età di cinquantasei anni ad assumere l’impegnativo compito di far ripartire dopo la guerra l’attività della maggiore istituzione culturale cittadina e da testimonianze dell’epoca pare che fu necessario insistere parecchio per fargli accettare l’incarico. Ebbe l’indispensabile supporto di Arnaldo Segarizzi, nativo di Avio e direttore della Biblioteca Querini Stampalia di Venezia, che nel 1919 trascorse alcuni mesi a Trento su incarico dell’amministrazione cittadina per impostare con criteri moderni la disposizione delle raccolte e le operazioni di catalogazione. Cesarini Sforza si mise al lavoro dedicandosi alla catalogazione e, dal 1921, all’organizzazione del trasloco della Biblioteca dai locali di Palazzo Thun alla nuova sede nell’ex Collegio dei gesuiti: anche in questo caso furono utili i consigli del Segarizzi. La direzione di Cesarini Sforza durò ben tredici anni e mezzo: fu dispensato del servizio il primo luglio 1933 per raggiunti limiti d’età. In realtà, furono decisivi per la sua rimozione alcuni dissapori verificatisi con le autorità: tre furono quelli più noti. Il primo nel 1926, quando la Commissione della Biblioteca e del Museo di cui faceva parte negò l’autorizzazione, per ragioni conservative, a riprodurre in bronzo la Tavola Clesiana (allora conservata nel Museo Comunale) per farne dono a Mussolini; il secondo nel 1927 e nel 1928 quando si oppose all’acquisto dell’edizione nazionale a tiratura limitata dell’Opera Omnia di D’Annunzio raccomandata dal Ministero dell’Istruzione; infine nel 1929 espresse frequenti lamentele nei confronti del Commissario prefettizio a motivo dei ridotti stanziamenti per gli acquisti.
Negli anni Venti e Trenta l’attività di ricerca del conte si concentrò particolarmente sulla toponomastica, a seguito della sua partecipazione diretta alla Regia Commissione per la toponomastica delle Nuove Provincie, nella fattispecie per la Venezia Tridentina. Furono ripetuti i contrasti con il senatore Ettore Tolomei, membro della medesima sottocommissione, riguardo alla modalità con cui assegnare i nomi ai luoghi dell’Alto Adige. Dopo il licenziamento, Lamberto Cesarini Sforza trascorse gli ultimi anni della sua vita nella villa di Terlago, seguendo la gestione delle proprietà della famiglia e coltivando gli studi negli ambiti che più lo avevano interessato. Morì a Trento il 22 marzo 1941.

Opere principali (in ordine cronologico)

  • Ezelino da Romano e il Principato di Trento, in “Archivio Trentino”, 11 (1893), pp. 7-43.
  • Piazze e strade di Trento, in “Archivio Trentino”, 13 (1896), pp. 3-112.
  • Modi di dire storici usati nel Trentino, in “Tridentum”, 1 (1898), pp. 246-276.
  • Italiani non trentini nel Trentino, in “Archivio trentino”, 22 (1907), pp. 65-76.
  • La Lega Nazionale nel Trentino, Trento, Zippel, 1909.
  • Per la storia del cognome nel Trentino, in “Archivio Trentino”, 25 (1910), pp. 97-115, 193-219; 26 (1911), pp. 72-102, 185-200; 27 (1912), pp. 45-64; 28 (1913), pp. 13-73, 191-236.
  • Italiani non trentini nel Trentino, in “Studi Trentini di Scienze Storiche”, 10 (1929), pp. 232-246.
  • Nove vicentini confinati a Terlago presso Trento, in “Studi Trentini di Scienze Storiche”, 16 (1935), pp. 260-271.
  • A Trento nei primordi della Lega di Cambrai, in “Archivio Veneto”, 17 (1935), pp. 59-89.
  • Cristoforo Calapini, in “Archivio Veneto”, 27 (1940), pp. 41-79.

Necrologi e bibliografia su Lamberto Cesarini Sforza

  • Giacomo Roberti, Lamberto Cesarini-Sforza, in “Archivio Veneto”, 22 (1941), pp. 192-201.
  • Adolfo Cetto, Conte Lamberto Cesarini Sforza, in “Studi Trentini di Scienze Storiche”, 23 (1942), pp. 77-84.
  • Francesco Muzzioli, Cesarini Sforza, Lamberto, in Dizionario biografico degli italiani, 24, Roma, Istituto della Enciclopedia Italiana, 1980, pp. 201-202.
  • Giovanni Delama, Il conte Lamberto Cesarini Sforza e la Biblioteca Comunale di Trento, tesi di laurea, relatore Giorgio Montecchi, Università degli Studi di Milano, a. acc. 1998-99.
  • Giovanni Delama, La “nuova” biblioteca comunale di Trento: la direzione di Lamberto Cesarini Sforza (1920-1933), in Il sapere della nazione: Desiderio Chilovi e le biblioteche pubbliche nel XIX secolo, atti del convegno, Trento, 10-11 novembre 2005, a cura di Luigi Blanco, Gianna Del Bono, Trento, Provincia autonoma di Trento. Soprintendenza per i beni librari e archivistici, 2007, pp. 225-238.

Giovanni Delama