Le assemblee in cui si vota per il rinnovo della Direzione della Società sono la premessa, almeno potenziale, a un cambio nella direzione della rivista; in questa occasione dunque il direttore uscente dovrebbe esporre un bilancio della sua gestione. Tale bilancio dovrebbe cominciare con un’analisi delle circa 5.680 pagine prodotte negli ultimi nove anni, ossia dal mo- mento in cui un voto libero e consapevole scaturito da questa assemblea ha dato vita a un rinnovo generazionale del quale nessuno penso possa essersi pentito, e senza il quale si potrebbe legittimamente dubitare che la Società di Studi Trentini di Scienze Storiche e la sua rivista avrebbero potuto sopravvivere.
Nell’accingermi a preparare un resoconto di questo genere mi sono però reso conto che l’azione stessa è scientificamente dubbia e moralmente censurabile; è compito che solo un occhio esterno e non direttamente coinvolto potrebbe svolgere in modo corretto ed equilibrato. Dell’insieme delle 5.680 pagine parlerà dunque qualcun altro.
È mio compito invece in questa sede ricordare come anche nel 2018 la rivista “Studi Trentini. Storia” sia uscita regolarmente nei mesi di aprile e di ottobre, con uno scostamento in entrambi i casi di 9 giorni rispetto al previsto (il n. 1/2019 è uscito con un ritardo di 16). Le dimensioni sono state ragguardevoli, rispettivamente 320 e 336 pagine (più vicino allo standard il n. 1/2019: 282). Sono stati pubblicati 22 contributi: 3 hanno riguardato il medioevo, 7 l’età moderna e 12 l’età contemporanea. Le due sezioni monografiche (che stanno diventando un’abitudine: anche il n. 1/2019 ne ha una) hanno presentato gli atti di due convegni dedicati rispettivamente all’epistolario di Giovanni a Prato (con introduzione di Marcello Bonazza e Fabrizio Rasera) e al rapporto tra storia e archivistica (con introduzione di Katia Occhi). Gli altri articoli hanno parlato di autostrade, Nepomuceno Bolognini, Eusebio Chini, Lega nazionale, medici trentini nel Cinquecento, archivio del comune di Mezzana, Giacomo Mosca, Luigi Negrelli, un parto mostruoso, toscani a Trento, Silvestro Valenti. Vanno inoltre citati i due editoriali, entrambi redatti dal presidente: uno sul rapporto tra storia e memoria e l’altro a commentare il seminario dedicato al Trentino come terra di arrivi (accompagnati nel primo caso dal testo di Marcello Farina e nel secondo da uno di Vincenzo Calì, entrambi “sessantottini”). Vi sono stati poi 18 recensioni, tre necrologi, il verbale dell’assemblea e 157 segnalazioni (numero questo piuttosto esiguo, se confrontato con il recente passato: qualcosa ci è certamente sfuggito, ma è palese un generale calo quantitativo della produzione storiografica locale).
Ringrazio sia la redazione ristretta che l’insieme dei collaboratori scientifici (riuniti in plenaria il 27 giugno e il 19 dicembre e tenuti mensilmente informati tramite la newsletter): quest’anno è stato particolarmente impegnati- va la discussione circa alcuni dei contributi che sono stati proposti (la perfezione non è di questo mondo, l’impegno è sincero e disinteressato). Rileggendo quanto avevo scritto tre anni fa, devo dire che quanto auspicavo a proposito della gestione delle recensioni si è pienamente realizzato, per cui ringrazio particolarmente Italo Franceschini e Marco Bettotti; anche per quanto riguarda la schedatura della produzione bibliografica ho trovato un aiuto importante, per cui ringrazio il personale della Biblioteca comunale di Trento (a cominciare da Mauro Hausbergher e Giovanni Delama).
Passo ora alle note dolenti. Ammetto la riduzione delle riunioni meridiane della redazione operativa, che declinano insieme al tempo che abbiamo a disposizione. Dopo svariati tentativi andati a vuoto si è tenuta una sola presentazione pubblica dei due fascicoli (presso la Biblioteca comuna- le di Trento lunedì 29 ottobre, con interventi di Francesca Brunet, Michele Toss, Matteo Fadini e Elisabetta Antonelli), e si è scatenato l’uragano (sta andando però molto meglio con il n. 1/2019, per il quale si parla già di ben tre presentazioni). Lento e insufficiente è stato il progresso del Dizionario Biografico degli Storici Trentini: spero che le ricorrenze centenarie possano spronare un gran numero di soci a impegnarsi in questa direzione. E crescono i dubbi circa il fatto che una rivista storica “tradizionale” sia ade- guata ai tempi che viviamo. In particolare si pone il problema di far conoscere quel che facciamo con modalità divulgative più dirette, anche utilizzando meglio la strumentazione informatica; ma ciò richiede energie e competenze nuove rispetto a ciò di cui disponiamo ora.
Affido queste riflessioni a chi vorrà condurre la rivista nel prossimo triennio, per quanto l’attuale direttore, imbullonato alla sedia che gli dà tanto potere, non abbia alcuna intenzione di lasciarla – e vedremo se, mettendola in questi termini, qualcuno si farà avanti… Battute a parte, sono disposto a ricandidare per la Direzione della Società e, se verrò eletto, in quel contesto collegialmente verrà valutato cosa sarà meglio fare.
Di fronte ai dubbi che possono coglierci nel momento in cui mettiamo in rapporto entità del nostro impegno e risultati visibili, qualche consolazione viene dallo studio della storia dei “padri fondatori”. Anch’essi, un secolo fa, dovevano confrontarsi con difficoltà economiche, incomprensioni politiche, sensazioni di inutilità sociale: come a dire che qualunque nostalgia di una qualche “età dell’oro” è non solo inutile sul piano dei fatti, ma anche sbagliata sul piano storico. E anche quest’ultimo aspetto dovrebbe interessarci.

Emanuele Curzel