Care socie e cari soci di Studi Trentini,

ringrazio i presenti a questa Assemblea sociale 2018, ringrazio chi ci ha fatto pervenire gli auguri di buon lavoro e tutti coloro – e sono tanti – che nel corso dell’anno appena trascorso hanno prestato la loro collaborazione alla vita associativa e all’attività scientifica di Studi Trentini. Saluto i nuovi soci, che tra poco presenteremo e accoglieremo tra noi. Desidero prima di tutto ricordare con gratitudine i soci che ci hanno lasciato dopo il nostro ultimo incontro del maggio scorso. Si tratta di:
– padre Remo Stenico dell’Ordine dei Frati Minori, morto il 7 agosto 2017 a 92 anni, per lungo tempo direttore della Biblioteca San Bernardino dei Frati Minori, storico attento delle piccole comunità, collaboratore assiduo della nostra rivista negli anni Ottanta del secolo scorso;
– Carlo Alberto Mastrelli, scomparso il 5 marzo 2018 a Firenze all’età di 93 anni, insigne glottologo e linguista, allievo di Carlo Battisti, presidente dell’Istituto di Studi per l’Alto Adige, studioso attento della toponomastica regionale e curatore del Dizionario toponomastico trentino;
– Ferruccio Vendramini, morto il 6 aprile 2018 a Belluno all’età di 85 anni, punto di riferimento per la storia contemporanea del Bellunese e del Cadore e più in generale per gli studi di storia locale relativi ai fenomeni bellici e della Resistenza.
In ricordo di questi soci e valenti studiosi, chiedo all’Assemblea qualche istante di raccoglimento.

Attività istituzionale. Sono trascorsi due anni dalle ultime elezioni e dal rinnovo dello Statuto. Vorrei oggi soffermarmi soprattutto su questi elementi, in quanto l’anno prossimo scadrà il mandato triennale della Direzione e ci saranno le elezioni per il nuovo gruppo dirigente. Contemporaneamente la Società di Studi Trentini celebrerà il centesimo anniversario della fondazione, il che comporterà un certo impegno sia operativo che economico. Per questo motivo mi sembra opportuno cominciare queste brevi riflessioni con uno sguardo sul futuro.
Il nuovo statuto – ricordo – prevede alcune novità rispetto al precedente. Quelle che qui mi interessa richiamare sono quattro. L’articolo 3 prevede che il patrimonio della Società sia costituito, tra le altre cose, dai proventi della vendita delle riviste e delle altre pubblicazioni sociali. L’articolo 8 prevede che a fronte della corresponsione a titolo gratuito delle riviste, i soci possano essere chiamati a corrispondere una tantum una quota contributiva a copertura delle spese. L’articolo 15 prevede che l’elezione alla Direzione sia ammessa per non più di tre mandati consecutivi. Infine, l’articolo 22 prevede la possibilità che su delibera della Direzione vengano nominate speciali Commissioni per la gestione di questioni istituzionali, scientifiche o editoriali, eventualmente coadiuvate da consulenti esterni.
Sono questioni sulle quali si è riflettuto anche nelle passate assemblee, in particolare in quella del 2016 che approvò lo Statuto rinnovato. In questo frangente si fanno particolarmente incombenti. Nel 2019 – ma in realtà con congruo anticipo, diciamo dal prossimo autunno 2018 – sarà infatti necessario ragionare e operare congiuntamente sulle iniziative per il centenario, sul loro finanziamento e sul rinnovo della Direzione e delle cariche sociali.
Le iniziative sono state individuate dalla Direzione. Se ne è parlato già nella scorsa assemblea, ve le riepilogo: un convegno sui fondatori, Onestinghel e Menestrina, con pubblicazione dei loro diari e tavola rotonda sul ruolo delle associazioni di storici all’indomani della Grande Guerra; una mostra sulle “pietre miliari” della produzione della società di Studi Trentini, con associate conferenze e approfondimenti in collaborazione con le associazioni di studio altoatesine, tirolesi, austriache e italiane; un momento “ufficiale” di approfondimento sul ruolo della storia locale (o meglio del territorio) con celebrazione del centenario dell’associazione; magari anche un momento più “sociale”, a metà tra il culturale e il ricreativo, onde favorire la sociabilità dei soci. Alcuni di questi progetti hanno già una loro struttura, altri sono per l’appunto solo progetti. Non tutto probabilmente si realizzerà, e altre idee potranno subentrare. Ma l’essenziale – è per questo che accenno a tutto questo nella sezione “istituzionale” della mia relazione – è che un gruppo di soci, in parte ma non per forza coincidente con la Direzione, si assuma l’onere e l’onore di formare una Commissione/Comitato che sovrintenda alle iniziative per il centenario. Su questo tema vorrei si incentrasse la discussione odierna, per raccogliere suggerimenti operativi e magari già qualche disponibilità.
Per finanziare le iniziative del Centenario abbiamo intenzione di chiedere un contributo straordinario al Servizio Attività Culturali della Provincia, al quale contiamo di consegnare un bilancio 2018 in attivo – ne parlerà tra poco la tesoriera Cinzia Lorandini – e che per l’anno in corso, per la prima volta dopo otto anni, non ha tagliato il contributo a Studi Trentini, rimasto uguale a quello dell’anno scorso. Speriamo inoltre di avere l’appoggio del nostro socio sostenitore, il Consiglio della Provincia autonoma di Trento, e di qualche sponsor che potrebbe essere sensibile alla ricorrenza. Va anche detto che le elezioni provinciali del prossimo ottobre devono indurci a qualche prudenza: al momento, come potete capire, non abbiamo né possiamo pretendere alcuna sicurezza.
Ciò detto e premesso, sarebbe anche un buon segno se la Società riuscisse a produrre un piccolo sforzo finanziario autonomo per contribuire “dall’interno” alle iniziative. E qui veniamo agli articoli 3 e 8. Non mi soffermo sulle difficoltà di vendita delle nostre monografie, che mi ostino a considerare di ottima qualità e che – come riferirà il direttore Curzel tra poco – hanno ottenuto buoni riscontri di pubblico e di critica. Difficoltà di vendita prima di tutto tra i soci, che hanno diritto – ricordo – al 40% di sconto sul prezzo di copertina. Cercheremo ad ogni modo di potenziare i nostri canali di vendita, proponendo i nostri volumi a biblioteche e librerie, magari in agili cofanetti, anche per favorirne la diffusione. Sarebbe bello che anche i soci si attivassero nella promozione delle vendite, acquistando direttamente, regalando o suggerendo l’acquisto a colleghi e istituzioni. Sarebbe bello poter svuotare un po’ i nostri magazzini, da qui al 2019.
Dell’eventualità di ricorrere al contributo dei soci in forza dell’articolo 8 si è già parlato in Assemblea l’anno scorso, con esiti non sfavorevoli all’ipotesi. Allo stato attuale delle cose, non è detto che l’intervento sia necessario. Resta anche in questo caso la necessità di una riflessione di opportunità, se cioè possa valer la pena che di tanto in tanto, di fronte a un bilancio comunque necessariamente tendente al passivo, la Società possa contare anche, in parte, sulle proprie risorse. Fermo restando che per il sostegno sono disponibili anche altri canali, in primo luogo la corresponsione a Studi Trentini del 5 per mille, che mi sentirei di raccomandare a chi non abbia altri beneficiari.
Veniamo all’ultimo elemento di riflessione pro futuro, le elezioni degli organi direttivi della Società per il triennio 2019-2022. Non mi dilungo sulle ragioni che suggeriscono un rinnovo del gruppo direttivo. Mi limito a sollecitare caldamente ogni singolo socio, fin da questo momento, a riflettere sulla possibilità di utilizzare una parte del proprio tempo e delle proprie competenze a beneficio della Società di Studi Trentini.
Oltre a queste considerazioni, devo riferire ai soci altre tre cose. La prima, che è finalmente andata in porto, lo scorso 11 aprile, la stipula del Patto di collaborazione tra la Società di Studi Trentini e la Biblioteca comunale di Trento per la valorizzazione del patrimonio librario e archivistico della Comunale. Il Patto darà a Studi Trentini la possibilità di accedere alle risorse lavorative e agli spazi della Biblioteca e di portare avanti progetti di ricerca e divulgazione in parte già in essere, in parte nuovi.
La seconda cosa è che il nostro ufficio di segreteria ha una nuova dipendente, la dottoressa Giulia Porta. Giulia Esposito, che l’ha preceduta, ha un nuovo lavoro ma mantiene con Studi Trentini un piccolo contratto per assicurare il passaggio di consegne. L’orario d’ufficio è cambiato: Giulia Porta si trova a disposizione dei soci e del pubblico tutte le mattine dal lunedì al venerdì dalle 8.30 alle 12.30. Diamo il benvenuto a Giulia Porta, augurandole buon lavoro con la Società, e ringraziamo Giulia Esposito per quanto fatto finora e per quanto farà in futuro.
L’ultima notizia non è la meno importante. Il nuovo sito di Studi Trentini, che sarà finalmente del tutto autogestito e presenterà notevoli potenzialità di sviluppo e di interazione con il pubblico, è in dirittura d’arrivo. Nelle prossime settimane il nostro responsabile, Silvano Groff, definirà struttura e layout con la webdesigner incaricata e contiamo di poter mettere online il nuovo sito entro l’estate. Desidero segnalare che all’interno del sito non si trovano – e non si troveranno – solamente le notizie relative alla vita sociale e alle iniziative, ma una messe crescente di materiali, in buona parte autoprodotti, di estrema utilità per la ricerca: gli indici delle riviste, le copie digitalizzate delle riviste storiche d’anteguerra e della nostra rivista fino al 1963, il Dizionario biografico degli storici trentini, tutte le puntate della bibliografia trentina, diversi articoli della nostra rivista. È doveroso un ringraziamento a Silvano Groff, che da anni lavora alla costruzione e all’implementazione del sito, e a tutti coloro che hanno contribuito ad arricchire le varie sezioni.

Attività scientifiche ed editoriali. Proseguendo la tradizione degli ultimi anni, che hanno visto alternarsi anni di più intensa attività e anni di ripiegamento sulle necessità organizzative, il 2017 è ascrivibile a questa seconda categoria, dopo le numerose e impegnative iniziative del 2016. Desidero però registrare la regolare uscita dei quattro numeri della nostra rivista: i due di “Studi Trentini. Storia” 2017 e i due di “Studi Trentini. Arte” a cavallo tra 2016 e 2017, diretti dal nuovo direttore Luca Gabrielli dopo il passaggio di consegne con il suo predecessore Antonio Carlini. I due direttori saranno tra poco più dettagliati sul punto; a loro intanto i miei e nostri ringraziamenti.
Accanto alle riviste, sono uscite nel 2017 le monografie Un mondo in salita. Il maso di Antraque sul monte di Roncegno, a cura di Sandra Boccher, Emanuele Curzel, Italo Franceschini e con il contributo di Marco Berlanda, Marco Stenico e Matteo Rapanà, e Memorie in divisa. Ufficiali austro-ungarici in Trentino al tempo di Francesco Giuseppe, di Nicola Fontana. Per il primo volume abbiamo potuto contare sul convinto appoggio del Comune di Roncegno e della locale Cassa Rurale. Il secondo è stato pubblicato in coedizione con il Museo storico italiano della guerra di Rovereto. Agli autori e curatori il nostro plauso e ringraziamento.
Il 9 giugno 2017, in collaborazione con il Centro Chiara Lubich abbiamo presentato il volume di Lucia Abignente Qui c’è il dito di Dio. Chiara Lubich e Carlo de Ferrari: il discernimento di un carisma, alla presenza di un folto pubblico con relazioni di Maurizio Gentilini, Paolo Marangon, Ilaria Pedrini e Severino Vareschi e il coordinamento di Emanuele Curzel. Diverse altre presentazioni, onorate da un buon successo di pubblico, hanno riguardato i nostri volumi appena ricordati: Antraque a Roncegno, a Mezzolombardo e presso il Dipartimento di Lettere e Filosofia dell’Università di Trento; Memorie in divisa a Rovereto e in occasione dell’assemblea annuale dell’Associazione Nazionale Archivistica Italiana. Altri incontri saranno organizzati nei prossimi mesi.
L’8 gennaio, in questa sala, si è svolta la tradizionale apertura d’anno sociale, con la proclamazione del premio Onestighel e la conferenza pubblica offerta da Studi Trentini alla cittadinanza. Il premio Onestinghel, organizzato insieme al Liceo Ginnasio “Giovanni Prati” e con il sostegno della Cassa Rurale di Trento, è stato assegnato ex aequo a Veronica Barbacovi e Stefano Malfatti. La conferenza, affidata al socio Marcello Farina, e intitolata Sessantotti. Trento fra scuole, fabbriche e parrocchie, ha offerto uno sguardo di ampia prospettiva sugli ambienti e le culture che hanno fatto il Sessantotto trentino, attraverso lo sguardo di uno storico che è stato anche testimone in prima linea del clima e degli avvenimenti del tempo. L’evento ha riscosso un notevolissimo successo di pubblico; il testo della conferenza è già disponibile sulla nostra rivista e promette di dare vita a un interessante confronto tra studiosi e testimoni.
Dietro le quinte, il 2017 è stato un anno ricco di attività di studio. Due team molto operativi hanno lavorato rispettivamente sull’epistolario di Giovanni a Prato e sulle testimonianze dell’impegno politico e civile delle donne trentine nel ventesimo secolo. I risultati di questo lavoro si vedranno quest’anno. Possiamo infatti comunicare che è ormai in dirittura d’arrivo l’annoso e ambizioso progetto di ricognizione ed edizione antologica dell’epistolario di Giovanni a Prato, esito del seminario di studi dedicato al personaggio nel 2012 dalla nostra Società insieme all’Accademica roveretana degli Agiati. Francesca Brunet e Michele Toss hanno svolto un eccezionale lavoro di recupero, catalogazione e regestazione delle lettere di Giovanni a Prato contenute in diversi archivi trentini, italiani ed europei; hanno individuato circa 250 documenti meritevoli di trascrizione e di edizione critica; e coadiuvati da Samuele Rampanelli stanno lavorando alla costruzione del volume antologico degli scritti epistolari dell’abate che dovrebbe vedere la luce verso la fine di quest’anno. Vorrei ringraziare loro, l’Accademia degli Agiati che – nella persona del suo presidente e nostro socio Fabrizio Rasera – ha fermamente creduto nell’iniziativa, e il comitato scientifico che ha seguito e coadiuvato il progetto, costituito da Rasera stesso, Stefania Franzoi, Mirko Saltori, Paolo Marangon, Marco Bellabarba e chi vi parla. Contestualmente stanno partendo le ricerche inerenti agli altri ambiti di azione dell’abate a Prato, a partire dai suoi discorsi politici per arrivare all’aspetto forse più filologicamente ostico, vale a dire i testi giornalistici. L’idea è comunque di giungere a conclusione del progetto nei prossimi anni.
Il secondo team è quello costituito dalla nostra Società, su iniziativa e con la direzione della socia Roberta Arcaini, per esplorare la memoria delle donne trentine attive in politica e nella società nel corso dell’ultimo secolo. Mantenere memoria, si chiama infatti il progetto, finanziato dall’Ufficio pari opportunità della Provincia autonoma: ciò che ha permesso di assumere due giovani ricercatori, Anna Vittoria Ottaviani e Gianluca Pederzini, incaricati di indagare rispettivamente il coté sociologico-statistico e storico-archivistico della questione. Il lavoro dei due giovani ricercatori è stato seguito da un Comitato scientifico composto da sei colleghe e colleghi in rappresentanza propria e delle rispettive istituzioni-partner: Roberta Arcaini – che rappresenta, oltre alla Società, la Soprintendenza per i beni culturali e l’Ufficio archivio provinciale –, Patrizia Bellè per l’Università di Trento, Franco Cagol per la Biblioteca comunale, Giovanna Fogliardi per la Soprintendenza archivistica, Patrizia Marchesoni per la Fondazione Museo Storico del Trentino e Katia Pizzini per l’Archivio diocesano. Il progetto è terminato e sta assumendo proprio in questi giorni le forme di una pubblicazione monografica, curata da Roberta Arcaini, che uscirà prossimamente nelle collane di Studi Trentini.
Entro l’anno o nei primissimi mesi del 2019 vedranno inoltre la luce i volumi contenenti gli atti di tre iniziative scientifiche: il seminario su Cesare Battisti come organizzatore culturale, al quale sta lavorando come curatore il nostro vicepresidente Mirko Saltori, e l’impegnativo convegno Il Paese sospeso, dedicato alla nascita e formazione della Provincia del Tirolo all’interno della Monarchia asburgica all’indomani del tramonto dell’epoca napoleonica. Si tratta di due eventi molto densi sul piano storiografico, che hanno consentito uno sguardo nuovo su due momenti fondanti della storia e della sensibilità storiografica trentina e favorito uno scambio importante tra storici e ricercatori di diversa provenienza. I colleghi sudtirolesi e austriaci che hanno partecipato al convegno Il Paese sospeso lo ricordano ancora come un significativo momento di confronto e concettualizzazione. Il comitato scientifico formato da Francesca Brunet, Franco Cagol, Florian Huber, Mauro Nequirito e Mirko Saltori, insieme al sottoscritto, sta definendo i criteri editoriali; manca ancora circa un terzo dei contributi che contiamo comunque di recuperare entro l’estate. Infine è in fase di elaborazione il volume degli atti del seminario sull’alimentazione alpina e trentina, organizzato con taglio storico-antropologico nell’autunno 2015 in concomitanza con Expo Milano. Tema quanto mai attuale, se pensiamo che anche sul cibo si sta misurando la battaglia della memoria e della cultura popolare in atto nel Trentino del 2018.
Altre due proposte editoriali accolte dalla Direzione di Studi Trentini sono in elaborazione in questi mesi. La prima, proveniente dall’Associazione Castelli del Trentino, riguarda l’edizione degli atti del convegno del 2017 sui Longobardi nella Piana Rotaliana. Gli atti saranno curati dal socio Giuseppe Albertoni e promettono interessanti novità su un tema da lungo tempo dibattuto. Un altro volume che si sta preparando è l’edizione del primo libro degli atti del Comune di Trento, conservato presso l’Archivio comunale e contenente la documentazione dal 1469 al 1478. Ci sta lavorando Roberta Fossali, con la supervisione di Franco Cagol e Andrea Giorgi.
Vengo infine a relazionare sull’iniziativa principale per l’anno in corso, vale a dire il convegno che dal 18 al 20 giugno, in questa sede, dedicheremo al tema ormai improcrastinabile degli “arrivi”. In altre parole, al Trentino come terra di attrazione per singoli, famiglie, gruppi sociali, comunità e popolazioni, a partire dalla preistoria per giungere all’oggi. Se ne è già parlato in questa sede: è sembrato necessaria una ricostruzione storica a taglio seriale e comparativo dei numerosi momenti in cui il Trentino – inteso come il territorio dell’attuale Provincia autonoma – ha rappresentato non un territorio di partenze e di emigrazioni, stagionali o permanenti, e nemmeno la sede di un’autoctonia tutta da dimostrare, ma il punto di attrazione di fenomeni migratori in entrata che hanno contribuito profondamente a variegare il panorama demografico, sociale, economico e culturale del territorio. Nei pomeriggi di giugno si alterneranno una ventina di relatori che proporranno brevi comunicazioni su diversi fenomeni migratori, accompagnati da alcune relazioni di sistema affidate a studiosi come Emilio Franzina, Giovanni Kezich, Elvira Migliario, Diego Quaglioni, Giuseppe Sciortino. Anche di fronte al fenomeno delle migrazioni attuali, crediamo che una consapevolezza critica e mediata dalla metodologia storiografica possa essere utile per una corretta interpretazione e una consapevole cittadinanza. Ringrazio tutta la Direzione per aver condiviso e seguito il progetto. Tutti i soci sono caldamente invitati a presenziare e intervenire alle sessioni; speriamo che si tratti di una bella iniziativa, capace di parlare anche alla cittadinanza. E grazie alla Presidenza del Consiglio della Provincia autonoma di Trento, al presidente Dorigatti e al capo di gabinetto Renzo Fracalossi, che hanno appoggiato la proposta fin dal primo momento, assicurando la loro collaborazione e il finanziamento delle spese vive di organizzazione.
Sui progetti per il centenario del 2019 mi sono già trattenuto prima. In questo momento l’urgenza è strutturare un comitato e un programma. Attendiamo proposte e suggerimenti.

Vorrei concludere brevemente, quest’oggi, con una riflessione in continuità con quelle del passato, ma più attualizzata. È in qualche modo anche al centro dell’editoriale presente sull’ultimo numero della nostra rivista. E riguarda la difficoltà degli storici a rivestire un ruolo sociale e a interloquire con l’opinione pubblica. Non intendo parlare solo dei professionisti, bensì anche dei tanti ricercatori indipendenti e volontari usciti da percorsi accademici, da imprese editoriali, da dottorati di ricerca e da scuole di specializzazione – dei presenti, insomma. Di recente, insieme a Fabrizio Rasera, ho ritenuto di intervenire su una questione solo apparentemente secondaria, vale a dire l’ingresso di alcuni Schützen trentini in una scuola elementare di Rovereto: iniziativa sulla quale già era intervenuto Quinto Antonelli, attirandosi i rimbrotti – diciamo così – del presidente della Giunta provinciale e assessore all’Istruzione. Naturalmente sulla storia e il ruolo attuale delle compagnie di Schützen ci sono opinioni e sensibilità diverse anche tra di noi, tra gli storici associati in Studi Trentini: non è questo il punto. Il punto, come si cercava di spiegare, è il mettere sullo stesso piano chi dichiara ed educa alla complessità della storia e della ricerca e chi nega tale complessità ricorrendo a scorciatoie argomentative, a teorie complottistiche e a semplificazioni.
Ma non è degli Schützen della Vallarsa che intendo parlare ora. Alla fine sono andati a scuola, hanno raccontato dei loro presunti costumi tradizionali bavaresi, chissà cos’avranno detto ai bambini della storia in quanto materia: quella materia che i bambini cominciano a studiare a scuola… I bambini, intervistati in TV, sembravano contenti. Quello che mi interessa è parlare di noi. Della difficile lotta – ché di questo si tratta – tra narrazioni monolitiche ed emotive e indagini sfaccettate e critiche. La battaglia, mi sembra, non è tra narrazioni diverse, ma tra narrazioni e antinarrazioni; non tra verità storiche concorrenti, ma tra l’idea che esistano verità storiche, possibilmente semplici e sicuramente nascoste da qualcuno, e la verifica continua, e dunque la falsificazione, di tali verità.
Può essere che il problema degli storici sia che scrivono difficile, che si confrontano soprattutto tra di loro; ma temo che la difficoltà maggiore, oggi, sia che gli storici non rispondono più a una domanda crescente da una parte di certezze ideologiche o identitarie, dall’altra di emozioni legate alla rievocazione e al mistero del passato.
Qualcuno ha paragonato la rete dei social network, sui quali prevalentemente si forma l’opinione pubblica, a un far west. Dovremo allora concludere – con le parole del memorabile finale dell’Uomo che uccise Liberty Valance – che ormai “qui siamo nel west, dove se la leggenda diventa realtà, vince la leggenda”?

                                                                                                      Marcello Bonazza