Rovigo, 1885 – Padova, 1969

Nacque a Rovigo il 20 agosto 1885, figlio di Riccardo, di origini mantovane, pittore ed insegnante di disegno e calligrafia, e di Clementina Moretti. Fu l’ultimo di otto figli viventi (nati tra 1864 e 1885). Tra i suoi fratelli maggiori più vicini per età vanno ricordati Camillo (1876-1939), valente filologo classico, prima insegnante negli istituti superiori, poi docente all’Università di Catania nel 1909 e, finito il servizio militare in guerra, dal 1918-19 a Padova, indi (1924) primo ordinario di letteratura greca alla Cattolica di Milano; Benvenuto (1881-1922), promettente storico e impegnato esponente repubblicano, morto suicida. Trasferitasi la famiglia a Padova, Roberto conseguì la licenza presso il liceo Tito Livio nel 1903 e si iscrisse alla Facoltà di Lettere dell’Università patavina: studente dagli svariati interessi ma dai risultati non brillanti, si laureò il 12 novembre 1907 con Camillo Manfroni e Vittorio Lazzarini, ottenendo comunque il massimo dei voti e la lode con la tesi Studi sul comune e sull’associazione di mestiere in Padova sino a tutto il sec. XIV, edita pochi mesi dopo nella prestigiosa sede delle “Memorie” dell’Istituto Veneto.

Fin dalla giovinezza, almeno dal 1904, aderì agli ideali socialisti, cominciando ben presto a scrivere sulla stampa di partito. Allo stesso periodo risalgono le prime pubblicazioni di carattere storico, di argomento inizialmente padovano e polesano, segno di una feconda precocità scientifica, che furono presentate in sedi accademiche da studiosi quali Antonio Medin e Carlo Cipolla, sotto l’egida, oltre che dei predetti Manfroni e Lazzarini, anche e soprattutto di Nino Tamassia (1860-1931), insigne storico del diritto italiano.

Pur avendo conseguito anche il diploma di magistero delle materie letterarie, decise di tenersi lontano dalla scuola. Vincitore, nel 1908, di concorso nei ruoli degli archivi di Stato, prese servizio presso quello di Venezia, accanto all’anziano Riccardo Predelli, ma con lentissima progressione di carriera e scontando forse una malcelata ostilità ambientale. Strinse molto presto un rapporto, ben attestato da una corrispondenza epistolare certo di natura scientifica ma anche umanamente connotata, con Vittorio Fiorini (1860-1925), alto funzionario ministeriale, ma soprattutto coordinatore della nuova edizione dei Rerum Italicarum Scriptores. Nel 1908 divenne socio corrispondente interno della Deputazione di storia patria per le Venezie; sarà socio effettivo dal 1913.

Negli anni dell’impiego in archivio produsse decine di saggi in sedi accademiche e scientifiche – nel 1919 la sua bibliografia toccava già i 120 titoli – e si legò in una cordiale e fattiva amicizia con il trentino Arnaldo Segarizzi, bibliotecario a Venezia prima alla Marciana e poi alla Querini Stampalia. Più o meno nello stesso periodo entrò in contatto anche con un altro studioso trentino, Giuseppe Gerola. Tra le sale della Marciana e i Frari strinse una amicizia solida e duratura con Gino Luzzato (1878-1964). Nel 1912 ottenne la libera docenza in storia moderna (che allora veniva intesa dalla caduta dell’impero di Roma alla fine del sec. XVIII) nell’Università di Padova e per qualche anno, pur nello scarso tempo concesso dall’impiego archivistico, tenne corsi di storia medievale e di storia delle istituzioni veneziane. Vicino all’interventismo democratico, durante la guerra collaborò attivamente alla messa in sicurezza dei fondi archivistici dei Frari, che, dopo Caporetto, segue per vari mesi a Torino, dove ha occasione di conoscere Luigi Einaudi e Giuseppe Prato.

Appena finita la guerra, tra il 1919 e il 1921 fu membro della Commissione incaricata di presiedere alla scelta e al rientro in Italia, in esecuzione del trattato di Saint Germain, degli archivi trentini, veneti e giuliani conservati in Austria. Nelle diverse missioni compiute a Vienna e Graz ebbe modo di conoscere studiosi austriaci quali Oswald Redlich, Ludwig Bittner, Heinrich Kretschmayr e il trentino Carlo Teodoro Postinger. Si trattò del suo primo approccio agli archivi trentini sui quali tornerà nei primi anni Cinquanta. Nel 1920 sposò Maria Drudi (1891-1969), mestrina, laureata in lettere, che sarà sua collaboratrice oltre che compagna di vita e di ideali. Nello stesso anno ebbe due incarichi universitari, in due discipline diverse: storia antica a Padova, nella sua Facoltà di Lettere (l’incarico gli sarà rinnovato anche per il 1921-22) e storia del commercio a Bari, all’Istituto superiore di studi commerciali (1920-21) – una materia che di lì a poco avrebbe assunto l’etichetta di storia economica, per la quale fu giudicato vincitore di concorso da una commissione in cui spiccavano i nomi di Luigi Einaudi e Gino Luzzatto. Con decorrenza 4 maggio 1922 diede le dimissioni dagli archivi di Stato, essendo stato nominato professore straordinario presso l’Istituto superiore di scienze economiche e commerciali di Trieste, poi facoltà e primo nucleo del futuro Ateneo giuliano. A Padova peraltro ottenne un incarico di storia romana per l’anno accademico 1922-23, poi rinnovato anche per il 1923-24 e il 1924-25. Alla inattesa partenza per la nuovissima facoltà di scienze politiche a Roma del suo maestro Manfroni (per il quale ebbe parole di apprezzamento pur nel dissenso di posizioni ideali), fu chiamato dalla Facoltà padovana per la storia moderna, in virtù del fatto era entrato nelle terna dei vincitori del concorso di Catania nel 1921; dal novembre 1926 fu trasferito ufficialmente da Trieste a Padova, ove siederà sulla cattedra di storia moderna fino al fuori ruolo (1955) e al pensionamento con nomina a professore emerito (1961). Firmatario del Manifesto Croce nel 1925, collaboratore dell’Enciclopedia Italiana, prestò giuramento nel 1931 ma non fu mai iscritto al Partito fascista.

Dopo la Liberazione fece parte della prima provvisoria Commissione per le epurazioni in Ateneo, divenendo uno degli accusatori dell’ex rettore Carlo Anti. Nel 1947 fu eletto nell’Accademia dei Lincei e, nello stesso anno, dopo un biennio in cui Gino Luzzato era stato commissario straordinario, divenne presidente della Deputazione di storia patria per le Venezie che in tale veste lo vide infaticabile protagonista fino al 1969. Collaboratore indefesso della rivista “Archivio Veneto”, come autore, fu anche recensore, spesso polemico e piuttosto prevenuto nei confronti degli storici giovani, che si affacciavano allora sulla scena, nel segno di un sostanziale misoneismo senile e di una ostinata chiusura.

Nelle elezioni politiche del 18 aprile 1948 fu eletto alla Camera dei deputati nelle file del Partito socialista per il collegio di Verona-Vicenza-Padova-Rovigo: alle condizioni socio-economiche del Polesine, specie in occasione dell’alluvione del 1951, mostrerà molta attenzione. Per qualche tempo segretario cittadino del PSI di Padova, si ricandidò nelle elezioni del 1953 ma non fu rieletto. In contatto personale con Basso, Nenni e Togliatti, alla fine degli anni Cinquanta manifestò decisamente la sua contrarietà all’alleanza di centrosinistra.
Lo spettro amplissimo di temi di studio continuò per tutti gli anni Cinquanta e sino alla morte, privilegiando soprattutto l’ambito risorgimentale; scrisse per primo un profilo della Resistenza nel bellunese. Il suo interesse per il Trentino, databile dai primi anni Cinquanta, si manifestò su due versanti. Da una parte affrontò un tema fino ad allora negletto alla storiografia trentina, quale la storia economica e sociale dell’età medioevale e moderna, dando alle stampe tra il 1953 e il 1957 – sotto gli auspici del “Comitato economico-scientifico triveneto per studi, applicazioni e ricerche presso l’Università di Padova” – due volumi comprendenti scritti suoi e dei suoi allievi e collaboratori Federico Seneca, Aldo Stella (peraltro laureato in storia antica) e Laura Debiasi (Studi e ricerche storiche sulla regione trentina, Padova 1953 e 1957). Contemporaneamente collaborò anche con il Comitato trentino dell’Istituto storico italiano del Risorgimento, del quale facevano parte tra gli altri Umberto Corsini e Bice Rizzi. Tra le iniziative del Comitato cui partecipò è da ricordare il “I Convegno storico trentino”, tenutosi a Trento tra il 4 e il 6 giugno 1954 (gli atti del quale furono pubblicati l’anno successivo) e l’edizione delle lettere di Tommaso Gar, curate da Maria Drudi ed edite nel 1966. In quegli anni fu cooptato nella Società di Studi Trentini di Scienze Storiche e nel 1955 divenne socio dell’Accademia roveretana degli Agiati.
Roberto Cessi fu per decenni il dominus incontrastato (non a caso era detto “el parón”) della storiografia veneta. Per varie ragioni forse fu presto dimenticato, tranne che nella cerchia degli allievi diretti, Paolo Sambin e Federico Seneca, e degli allievi di questi. La sua fama anche nazionale fu legata a quella Storia della Repubblica di Venezia, così personale da essere di fatto scarsamente comprensibile se non allo stesso autore (Ernesto Sestan), uscita in due edizioni, l’ultima corretta dall’autore nell’ultimo anno di vita (poi riedita nel 1981 a cura di Sambin per iniziativa della figlia Tina Cessi).
Uomo dal carattere scostante, fu lavoratore instancabile, propugnatore di “una forma di ascetismo laico volutamente sordo a tutto ciò che distrae dal proprio compito”, di “una metodicità rigorosa del proprio lavoro, un programma di vita austero, severo, una fede inconcussa nel valore della ricerca storica” (Sestan), Cessi ha lasciato quale segno tangibile della sua produzione storiografica una bibliografia sterminata: “decine di volumi, centinaia di articoli, saggi, note, schede di ogni genere e ampiezza”, disposta “su di un arco cronologico che va dal tardo Impero romano agli anni della Resistenza” (Paolo Preto). Al centro della sua attenzione risaltano in modo particolare la storia di Venezia e le sue fonti.
Erede della scuola economico-giuridica e della tradizione erudita padovana (da Giuseppe De Leva e Andrea Gloria a Vittorio Lazzarini e Camillo Manfroni), ma storico in sostanza sin troppo personale, Cessi pose nella ricerca d’archivio e nella fedele e un po’ rocciosa adesione ai documenti i fondamenti della sua ricerca e del suo metodo d’indagine.
Morì a Padova il 19 gennaio 1969; fu ricordato due giorni dopo sulle pagine de “L’Avanti”.

Opere di Roberto Cessi

 

Data l’ampiezza della produzione scientifica di Cessi, rinviamo qui alla versione più recente del lavoro di Giampietro Tinazzo, Bibliografia degli scritti di Roberto Cessi, in “Archivio Veneto”, s. V, 86-87 (1969), n. 121-122, pp. 237-274 e alla Bibliografia degli scritti di storia veneta di Roberto Cessi, [a cura di Paolo Sambin], in Roberto Cessi, Storia della Repubblica di Venezia, Firenze, Giunti-Martello, 1981, pp. 783-809. Qui ci limitiamo a segnalare soltanto gli scritti ‘trentini’:

  • Per lo studio sistematico dei problemi di storia economico-sociale della regione trentina, in Studi e ricerche storiche sulla regione trentina, Padova, Stediv, 1953, pp. 1-4.
  • L’urbario tridentino del 1387, in Studi e ricerche storiche sulla regione trentina, 2, Padova, Tip. Antoniana, 1957, pp. 5-164.
  • La repressione austriaca del moto insurrezionale trentino al principio del 1848, in Atti del I Convegno storico-trentino. Relazioni fra il Trentino e le provincie veneto-lombarde nel secolo decimonono, Rovereto, Manfrini, 1955, pp. 63-87.
  • Il soggiorno napoletano di Tommaso Gar, in “Archivio Veneto”, s. V, 71 (1962), pp. 117-121.

Bibliografia su Roberto Cessi (in ordine cronologico)

 

  • Gino Luzzatto, L’opera storica di Roberto Cessi, in Miscellanea in onore di Roberto Cessi, I, Roma 1958, pp. XIII-XXIV.
  • Pier Fausto Palumbo, Roberto Cessi (1885-1969), in “Studi Salentini”, 35-36 (1969), pp. 303-335.
  • Ernesto Sestan, Roberto Cessi storico, in “Archivio Veneto”, 86-87 (1969), n. 121-122, pp. 217-235.
  • Federico Seneca, L’opera storica di Roberto Cessi, in “Archivio Storico Italiano”, 128 (1970), pp. 25-51.
  • Paolo Preto, Cessi, Roberto, in Dizionario biografico degli italiani, 24, Roma, Istituto della Enciclopedia italiana, 1980, pp. 269-273.
  • Paolo Sambin, Questa “Storia”: quando nacque, come nacque. Noterella rievocativa, in Roberto Cessi, Storia della repubblica di Venezia, Firenze, Giunti-Martello, 1981, pp. VII-XV [ristampa della seconda edizione: Milano-Messina, Principato, 1968].
  • Paolo Sambin, Gli studi di Roberto Cessi da studente a professore dell’Università di Padova. Cronaca bibliografica di un ventennio (1904-1926), in Roberto Cessi, Padova medioevale. Studi e documenti raccolti e riediti a cura di Donato Gallo, Padova, Erredici, 1985, pp. IX-XXXVI.
  • Antonio Rigon, Il medioevo padovano di Roberto Cessi, in “Atti e memorie dell’Accademia patavina di scienze, lettere ed arti”, 98 (1985-1986), pp. 53-61.
  • Francesca Cavazzana Romanelli, Gli archivi, in Storia di Venezia, L’Ottocento e il Novecento, a cura di Mario Isnenghi, Stuart Woolf, Roma, Istituto della Enciclopedia italiana, 2002, 3: Il Novecento, a cura di Mario Isnenghi, pp. 1769-1794 [su Cessi: pp. 1779-1780 e note relative pp. 1792-1793].
  • Un secolo di vita dell’Accademia degli Agiati (1901-2000), a cura di Gauro Coppola, Antonio Passerini, Gianfranco Zandonati, 2: I soci, Rovereto, Accademia roveretana degli Agiati, 2003, pp. 269-271.
  • Si attende la pubblicazione dei testi preparati in occasione del convegno Roberto Cessi cinquant’anni dopo (2019).

 

Ugo Pistoia