A. 100 (2021), 2

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INDICE

III. FOGOLINO, INTORNO E OLTRE. QUESITI E PERCORSI COLLATERALI

Domizio Cattoi, Mariangela Mattia
La riscoperta di una Madonna con il Bambino di Francesco Verla a Belluno, pp. 428- 441

Elvio Mich
Vicende conservative della pala di Marcello Fogolino a Sardagna, p. 442-459

Ezio Chini
Gli affreschi del Cinquecento nell’antica chiesa di Sardagna, presso Trento. Echi fogoliniani e un Romanino riscoperto?, pp. 460-487

Roberto Pancheri
Proposte per Fogolino ritrattista, pp. 488-509

Helmut Stampfer
Un’altra scoperta di affreschi fogoliniani a Egna, pp. 510-525

Flavio Dassenno
Suoni silenti. I violoni dipinti in Castel Toblino, pp. 526-575

Fabio Bartolini, Silvia Spada Pintarelli
Castel Belasi: costruzione e decorazione di una grande residenza nobiliare della prima età moderna, pp. 576-647

Serena Bugna, Chiara Radice
Due nuovi cantieri trentini di Antonio da Vendri: il protiro della Pieve di Cavalese e la loggia di piazza a Trento, pp. 648-667

Giuseppe Sava
Il Cinquecento nell’Alto Garda, tra cultura padano-lombarda e influenze ponentine, pp. 668-713

Hanns-Paul Ties
Il Miracolo della fonte di Mosè nell’abside di Santa Maria Maggiore a Trento. Sulla relazione tra Mosè, San Pietro e il Papato nell’arte del XVI secolo, pp. 714-738

 

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Abstract

III. Fogolino, intorno e oltre. Quesiti e percorsi collaterali
 
Domizio Cattoi, Mariangela Mattia

La riscoperta di una Madonna con il Bambino di Francesco Verla a Belluno

L’articolo prende in esame un dipinto raffigurante la Madonna con il Bambino conservato nella chiesa di Santa Maria di Loreto a Belluno. L’opera, recentemente restaurata, è ascrivibile al pittore vicentino Francesco Verla (Villaverla 1470 circa – Rovereto 1521) e databile intorno al 1514-1515.

 

Elvio Mich

Vicende conservative della pala di Marcello Fogolino a Sardagna

La pala d’altare dipinta da Marcello Fogolino nel 1533 per l’antica chiesa dei Santi Filippo e Giacomo a Sardagna, nei pressi di Trento, ha subito nel corso del tempo un progressivo degrado causato da fattori ambientali. Lo studio si propone di ricostruire la storia del dipinto sotto l’aspetto conservativo, dal restauro di fine Ottocento a quello concluso nel 2018.

 

Ezio Chini

Gli affreschi del Cinquecento nell’antica chiesa di Sardagna, presso Trento. Echi fogoliniani e un Romanino riscoperto?

Realizzati nella prima metà del Cinquecento, gli affreschi della chiesa dei Santi Filippo e Giacomo a Sardagna appartengono ad autori diversi, di difficile identificazione, anche se in alcune figure si notano affinità con la maniera di Marcello Fogolino, autore, nel 1533-1534 circa, della pala d’altare. Gli Evangelisti sulla volta dell’abside derivano da copie in controparte di alcune magnifiche incisioni di Agostino Veneziano del 1518, che dipendono strettamente dall’arte di Raffaello. Nella lunetta dietro l’altare è il dipinto più importante, che raffigura San Sebaldo di Norimberga. La qualità assai elevata e i caratteri stilistici inducono a formulare per la prima volta un’attribuzione a Girolamo Romanino e a proporre una datazione al 1532. Committente fu Ludovico Balzani, canonico della cattedrale di Trento.

 

Roberto Pancheri

Proposte per Fogolino ritrattista

Il contributo ricostruisce le vicende del ritratto di Lorenzo Bordogna de Taxis (1510 c.-1559), maestro delle poste a Trento durante il concilio. Il dipinto, che nel 1922 si trovava a Trento in proprietà del barone Pasio de Taxis, nel 2010 è entrato a far parte delle collezioni del Kunsthistorisches Museum per donazione di Carlos Tasso di Sassonia-Coburgo e Bragança ed è esposto dal 2012 al castello di Ambras in Tirolo. Attribuito finora a Giovanni Battista Moroni o alla sua cerchia, il dipinto è ricondotto dall’autore ai modi di Marcello Fogolino. Nell’ambito di un primo riesame della produzione ritrattistica del pittore viene inoltre precisata la datazione di un ritratto di Pietro Andrea Mattioli (1501-1578), pubblicato nel 1930 da Antonio Morassi con l’attribuzione a Fogolino.

 

Helmut Stampfer

Un’altra scoperta di affreschi fogoliniani a Egna

L’articolo documenta gli affreschi del XVI secolo scoperti nel 1997 in due stanze della casa di via Andreas Hofer 13 a Egna. Si tratta di decori attribuibili a Marcello Fogolino o a stretti collaboratori, articolati in finti rivestimenti in tessuto nella parte bassa delle pareti, e in fregi nel settore superiore. Particolare interesse desta il fregio del locale più piccolo, forse uno studiolo, caratterizzato da motivi a grottesca su fondo giallo, intercalati a tabelle con motti biblici. Gli stemmi presenti in questo secondo fregio attestano che la casa era proprietà di Ruggero de Taxis-Bordogna, maestro di posta di Egna, e orientano la datazione degli affreschi intorno alla metà del Cinquecento.

 

Flavio Dassenno

Suoni silenti. I violoni dipinti in Castel Toblino

Nella Sala della Musica di Castel Toblino sono dipinti strumenti musicali dei primi decenni del Cinquecento, tra i quali spiccano, per originalità e rarità nel panorama iconografico europeo, sette viole da gamba veneziane appese, in dimensioni reali, di quattro diverse tipologie. Il contributo informativo, oltre a leggerne le caratteristiche organologiche, propone una prima contestualizzazione dell’eccezionale repertorio, all’interno dell’evoluzione dello strumento, confrontandolo con le raffigurazioni a carattere musicale presenti sul territorio e in ambito transalpino. Richiami musicologici sui gusti culturali di Bernardo Clesio sollecitano ricerche per ricostruire le vicende musicali del castello.

 

Fabio Bartolini, Silvia Spada Pintarelli

Castel Belasi: costruzione e decorazione di una grande residenza nobiliare della prima età moderna

Si tratta del primo lavoro che affronta insieme gli aspetti architettonici e quelli decorativi di Castel Belasi: una grande scenografia, che ha mantenuto la sua imponenza all’esterno, mentre all’interno le decorazioni vivono per lacerti e per sovrapposizioni. La ricerca architettonica e quella storico-artistica recuperano elementi per una lettura globale del castello, disastrato dal tempo e dall’incuria. L’individuazione delle diverse ‘mani’ nella decorazione pittorica e la loro cronologia, dalla seconda metà del Quattrocento agli ultimi decenni del secolo successivo, non è stato compito facile. Nell’adeguamento del castello medievale si privilegia l’apporto di una maestranza tedesca-tirolese, in ‘sintonia’ con le scelte culturali e artistiche della nobiltà tirolese. Il Rinascimento italiano non penetra, se non sporadicamente, tra le mura del castello. La val di Non, in bilico tra nord e sud, si conferma come luogo di incontro e confronto.

 

Serena Bugna, Chiara Radice

Due nuovi cantieri trentini di Antonio Vendri: il protiro della Pieve di Cavalese e la loggia di piazza a Trento

Recenti studi hanno delineato il profilo del pittore veronese Antonio da Vendri, generalmente menzionato come collaboratore di Marcello Fogolino in Trentino. Il saggio mira a focalizzare ulteriormente la personalità artistica del da Vendri illustrando le decorazioni ad affresco del protiro della chiesa di Santa Maria Assunta a Cavalese e analizzando i documenti che descrivono le pitture che ornavano la distrutta loggia di piazza del Duomo a Trento.

 

Giuseppe Sava

Il Cinquecento nell’Alto Garda, tra cultura padano-lombarda e influenze ponentine

Nella prima metà del Cinquecento, sullo sfondo della piccola corte dei conti d’Arco, prende vita in pittura un momento di particolare vivacità, in serrato dialogo con Brescia, Verona, Mantova. Quella che Nicolò Rasmo ebbe a definire scuola d’Arco identifica un manipolo di pittori che fecero tesoro degli intrecci culturali che tradizionalmente connotano l’area del Garda. Ad oggi permangono forti incertezze sulle fisionomie degli artisti coinvolti, sulla loro formazione e sui rispettivi cataloghi. L’obiettivo del contributo è quello di indagare il fenomeno cogliendovi alcuni discrimini che consentono una più attenta, seppur non definitiva ricostruzione filologica. Alle opere da tempo note si accompagnano inedite accessioni e alcuni interessanti episodi artistici esterni al centro trentino che rimarcano le fluide dinamiche culturali di fondo.

 

Hanns-Paul Ties

Il Miracolo della fonte di Mosè nell’abside di Santa Maria Maggiore a Trento.

Sulla relazione tra Mosè, San Pietro e il Papato nell’arte del XVI secolo

Dipinta nel 1540-1550 circa e finora scarsamente considerata dagli studi, la raffigurazione di Mosè che fa scaturire l’acqua dalla roccia nell’abside di Santa Maria Maggiore a Trento si qualifica come interpretazione estremamente originale, se non unica, dell’omonimo episodio veterotestamentario. Molto probabilmente l’opera fu concepita sia per rapportarsi a livello tipologico con il sacramento dell’eucarestia sia in relazione ai battesimi che allora avevano luogo nel coro della chiesa. Sotto il profilo iconografico il profeta Mosè viene associato all’apostolo Pietro e quindi, allo stesso tempo, al papato. Alla luce di questa peculiare associazione sembra ragionevole interpretare il dipinto come precoce opera controriformata, commissionata forse in diretta connessione con il Concilio di Trento.